Arabia Saudita: denuncia il violentatore, incarcerata ed espulsa
Isma Mahmood, di genitori pakistani, ha denunciato l'uomo che l'ha violentata a Medina. Lei è stata sei mesi legata in carcere e poi espulsa dal Paese; lui, saudita, non è stato toccato.
Karachi (AsiaNews/Agenzie) Espulsa dopo sei mesi di carcere in Arabia Saudita per aver denunciato il suo violentatore. È successo a Isma Mahmood, 16 anni, da un mese in Pakistan sotto tutela della Ansar Burney Trust. "Per me è difficile parlare di quello che è successo" ammette la giovane, ora a Karachi insieme a sua sorella Muma, 18 anni anche lei espulsa.
Venti anni fa i genitori di Isma sono stati vittime della rete criminale, che traffica esseri umani dal Pakistan verso l'Arabia Saudita. Essere nate in Arabia, però, non ha aiutato Isma e la sorella. La 16enne è stata violentata l'anno scorso a Medina, la città santa dell'Islam. "Sono una vittima - denuncia - ho subito una violenza, ma mi hanno accusata come colpevole, l'uomo che ha commesso il crimine invece non è stato toccato".
La giovane racconta: "Quell'uomo prima mi ha presa con sé, mi ha portato in macchina, mi ha chiesto di dormire con lui e mi ha offerto soldi. Io ho rifiutato e allora mi ha avvertito che avrei passato dei guai, poi mi ha violentata".
L'uomo ha subito avvertito Isma che se andava alla polizia l'avrebbero arrestata e che i "protettori" dei suoi genitori avrebbero espulso tutta la sua famiglia dal Paese. Anche loro, infatti, hanno minacciato dure punizioni ad Isma e alla sorella se avessero parlato.
"Siamo andate lo stesso alla polizia ha detto aspettandoci giustizia, ma dopo poche ore ci siamo accorte che non sarebbe stato così". Pure i genitori delle due ragazze, spinti dai loro garanti, hanno chiesto di ritirare l'accusa. "Solo per non creare problemi ai miei genitori non ho parlato molto con la polizia, ma mi hanno arrestato lo stesso". Anche Muna, solo per aver deposto a favore della sorella, è finita in galera. "Non ci hanno mai detto quali erano le accuse; sottolinea Isma le autorità difendono i cittadini sauditi e non sostengono gi immigrati".
Secondo il racconto delle due, in cella la maggior parte delle detenute erano donne pakistane, indonesiane, nigeriane. Molte erano arrivate in Arabia Saudita per vie illegali e sono state accusate di prostituzione. "Per tutto il tempo dice Muna ci hanno tenute legate; ci toglievano le catene solo per andare al bagno, mangiare o pregare".
Il presidente della Ansar Burney Trust spiega che molte donne dell'Asia del sud vengono attirate in Arabia con la promessa di un buon salario come domestiche o infermiere, ma poi sono costrette alla prostituzione.