Apre i battenti la prima sinagoga coreana
Seoul (AsiaNews) - Dopo circa 60 anni, la comunità ebraica della Corea del Sud ha inaugurato la sua prima sinagoga. Lo scorso 4 marzo i fedeli sparsi per il Paese, i rabbini delle nazioni vicine e l'ambasciatore israeliano a Seoul hanno infatti assistito alla posa della Torah che segna l'apertura ufficiale del luogo di culto. La comunità ha lodato la popolazione e la società coreana, "una fra le più tolleranti di tutto il mondo".
In Corea del Sud gli ebrei sono arrivati con la Guerra di Corea. Nel 1950, inviati dagli Stati Uniti, circa 200 soldati di religione ebraica si sono stabiliti nel Paese e qui sono rimasti anche dopo la fine delle ostilità, firmata nel 1953. Oggi gli ebrei residenti sono circa 500, e la metà di loro è di nascita coreana: sono i figli e i nipoti di quei soldati, sposati poi con donne locali.
La sinagoga ha aperto i battenti a Seoul. Negli ultimi 6 decenni, infatti, la comunità si è riunita in una "Casa Chabad": questa prende il nome da un'organizzazione israeliana, forse la più grande del Paese mediorientale, che aiuta e sostiene le comunità religiose nel mondo. Le "Case Chabad" non hanno soltanto la funzione di sinagoghe temporanee, ma sono anche le residenze dei rabbini.
Guidata dal rabbino Osher Litzman, la posa della Torah ha aperto i festeggiamenti. Secondo il culto ebraico, infatti, una sinagoga non può aprire i battenti se il suo Libro sacro non è stato scritto a mano da uno scriba di Israele: quello coreano è giunto nei primi giorni di febbraio, e l'ultima parte del rotolo è stata lasciata in bianco. Gli ebrei coreani, durante la cerimonia, hanno scritto le ultime lettere (in yiddish) che compongono la fine del Libro.
Secondo la comunità, la Corea del Sud "è uno dei migliori Paesi al mondo per quanto riguarda la tolleranza e la libertà religiosa". Il Paese, spiega rabbi Litzman, "è il contrario dell'anti-semitismo. È una benedizione essere qui: ho viaggiato in tutto il mondo, ma soltanto qui ho trovato rispetto e null'altro".