Appello del papa per la pace in Myanmar e fra le due Coree
Castel Gandolfo (AsiaNews) – Un appello per una “soluzione pacifica” ai “gravissimi eventi” del Myanmar e per un fruttuoso dialogo fra le due Coree è stato lanciato oggi da Benedetto XVI al termine della preghiera dell’Angelus.
“Seguo con grande trepidazione – ha detto il pontefice - i gravissimi eventi di questi giorni in Myanmar e desidero esprimere la mia spirituale vicinanza a quella cara popolazione nel momento della dolorosa prova che sta attraversando. Mentre assicuro la mia solidale ed intensa preghiera e invito la Chiesa intera a fare altrettanto, auspico vivamente che venga trovata una soluzione pacifica, per il bene del Paese”.
Da più di un mese la popolazione del Myanmar, frustrata dalla crisi economica, dalla corruzione e dalla mancanza di libertà, sfida la giunta militare con manifestazioni e proteste, aiutata dall’esempio dei monaci buddisti. Negli ultimi giorni il governo ha vietato ogni dimostrazione e per disperdere le migliaia di persone che si ostinano a radunarsi, ha sparato sulla folla, razziato monasteri e ucciso almeno 13 persone. Ieri è giunto nel Paese l’inviato Onu Ibrahim Gambari che sta tentando di fermare la repressione e aprire la giunta al dialogo con la popolazione e i gruppi democratici.
La Chiesa birmana - 600 mila fedeli su una popolazione di quasi 50 milioni – ha lanciato una campagna di preghiera per il bene della popolazione e per la riconciliazione nazionale. I vescovi birmani hanno ricevuto l’appoggio e il sostegno di molte conferenze episcopali asiatiche. Intanto giovani cattolici, laici e preti, partecipano alle manifestazioni e mostrano solidarietà ai monaci buddisti.
Il papa ha chiesto preghiere anche per “ la situazione della Penisola coreana, dove alcuni importanti sviluppi nel dialogo fra le due Coree fanno sperare che gli sforzi di riconciliazione in atto possano consolidarsi a favore del popolo coreano e a beneficio della stabilità e della pace dell’intera regione”. L’appello di Benedetto XVI cade proprio mentre a Pechino si aprono per l’ennesima volta i dialoghi a sei fra le due Coree, insieme a Usa, Cina, Russia e Giappone. I dialoghi sono stati finora bloccati da Pyongyang che si rifiuta di congelare il suo programma nucleare. Gli incontri di Pechino sono considerati dagli Stati Uniti “l’ultima possibilità”. Per spingere la Nordcorea a rigettare l’escalation nucleare, Stati Uniti e Sudcorea hanno promesso aiuti energetici ed alimentari per la popolazione che da anni soffre per la fame causata da disastri naturali e dall’incuria del regime.
Benedetto XVI ha anche ricordato la situazione dei Paesi dell’Africa sub-sahariana “colpiti nei giorni scorsi da gravi inondazioni”. “Ma non possiamo dimenticare – ha aggiunto - tante altre situazioni di emergenza umanitaria in diverse regioni del pianeta, nelle quali i conflitti per il potere politico ed economico vengono ad aggravare realtà di disagio ambientale già pesanti”.
Con questo ricordo il papa ha voluto dare una “lettura in chiave sociale” al vangelo della presente domenica, che parla del ricco (senza nome) e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31). “Il ricco – ha spiegato il pontefice - impersona l’uso iniquo delle ricchezze da parte di chi le adopera per un lusso sfrenato ed egoistico, pensando solamente a soddisfare se stesso, senza curarsi affatto del mendicante che sta alla sua porta. Il povero, al contrario, rappresenta la persona di cui soltanto Dio si prende cura: a differenza del ricco, egli ha un nome, Lazzaro, abbreviazione di Eleazaro, che significa appunto ‘Dio lo aiuta’”.
Benedetto XVI ha citato in abbondanza l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, che auspicava la costruzione di "un mondo in cui ogni uomo … possa vivere una vita pienamente umana … dove il povero Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco" (n. 47). Quel’enciclica, ha detto, sottolinea che “a causare le numerose situazioni di miseria sono da una parte ‘le servitù che vengono dagli uomini’ e dall’altra ‘una natura non sufficientemente padroneggiata’ (ibid.)”.
"I popoli della fame – ha concluso citando ancora il documento di papa Montini di 40 anni fa - interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza" (n. 3), …. Non possiamo dire di non conoscere la via da percorrere”.