Anp, un deputato propone 15 anni di galera a chi protesta
Liu Qingning, vice direttore della Commissione affari legali del Congresso provinciale del Guangxi, chiede al Parlamento di avallare una proposta di legge che punisce in maniera severissima chi presenta i suoi reclami al governo di Pechino. Wen Jiabao, invece, aveva chiesto di rafforzare l’istituzione. Mentre nel Paese aumentano le crisi sociali.
Pechino (AsiaNews) – I cittadini cinesi che (secondo quanto previsto dalla Costituzione) presentano una petizione a Pechino contro gli abusi dei governi locali potrebbero essere condannati a quindici anni di galera. È la proposta avanzata oggi da un deputato dell’Assemblea nazionale del popolo, Liu Qingning, che prevede il carcere per coloro “che turbano la normale vita quotidiana o il lavoro dei leader governativi locali”.
Se avallata dal parlamento, questa proposta rappresenterebbe un rovesciamento totale delle politiche cinesi in materia. Il governo centrale e il presidente Hu Jintao, infatti, hanno più volte invitato la popolazione a denunciare gli ufficiali corrotti attraverso il sistema delle petizioni, e sono arrivati persino a creare degli uffici appositi per non intralciare il lavoro quotidiano della pubblica amministrazione.
Aprendo i lavori dell’Assemblea nazionale del popolo, inoltre, il primo ministro Wen Jiabao si era schierato a favore dell’usanza delle petizioni, un modo utile per evitare conflitti sociali e far intervenire direttamente le autorità competenti. Parlando ai deputati, Wen ha detto: “Miglioreremo la consegna delle lamentele pubbliche, che ci vengono portate via lettera o di persona”.
La proposta di Liu, vice direttore della Commissione affari legali del Congresso provinciale del Guangxi, è stata critica da utenti di internet, avvocati e manifestanti. Per il deputato, però, le azioni previste nella pratica della petizione – che vanno dal chiedere un risarcimento a un’azione contro i governi locali – “dovrebbero divenire atti criminali, se vengono ripetuti fino a causare conseguenze serie”.
Fra le azioni previste vi sono “cantare slogan, esporre striscioni, distribuire materiale stampato o scritto a mano, fare dei sit-in, bloccare le uscite degli edifici, occupare gli uffici delle petizioni, tentare il suicidio o farsi male da solo”. Per Liu, il minimo della pena per chi indulge in azioni del genere è “almeno tre anni di galera. Le petizioni illegali sono divenute un serio problema”.
Internet ha reagito in massa contro la proposta. Molti utenti si sono chiesti se Liu “rappresenti il popolo oppure gli ufficiali corrotti”, mentre per altri il deputato “ha la mentalità di un signore feudale”. Un famoso blogger cinese, Wu Yonglin, propone invece “che il codice penale aggiunga delle pene, ma per quei pubblici ufficiali che falliscono nel fare il loro meglio a favore del popolo”.
In ogni caso, le proteste sociali e le rimostranze contro i governi locali continuano ad agitare la Cina. Alla fine di febbraio, l’Accademia delle scienze sociali ha pubblicato il “Rapporto annuale sullo Stato di diritto in Cina” e ha rilevato che nei primi 10 mesi del 2009 i crimini sono aumentati del 10%, giungendo a quota 5,3 milioni, mentre il numero di casi legati alla pubblica sicurezza (che comprende anche proteste e rivolte) sono aumentati del 20%, giungendo a 9,9 milioni.
Il rapporto collega l’aumento di crimini e problemi di ordine sociale alla crisi finanziaria e ai problemi economici, per cui paventa il rischio di un ulteriore aumento nel 2010. E’ un dato di fatto che la Cina, anche se è ripresa la crescita industriale, ha gravi problemi sociali irrisolti, a cominciare dalle decine di milioni di migranti che hanno perso lavoro e che solo in parte sono stati riassorbiti dal mercato di lavoro.
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