Andhra Pradesh, accoltellato un pastore pentecostale. Gcic: Lo Stato è “complice”
di Nirmala Carvalho
Quattro radicali indù lo accusavano di conversioni forzate. Per Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), l’aggressione è una “vergogna” per uno Stato laico come l’India. Anche in Karnataka e in Orissa non c’è pace per i cristiani.
Hyderabad (AsiaNews) – “È davvero una vergogna che la minoranza cristiana non abbia libertà di culto in un Paese come l’India, dove la Costituzione garantisce il diritto di praticare e predicare la propria fede”. Così Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), condanna l’ennesimo attacco contro un cristiano. Il 3 luglio scorso quattro radicali indù hanno aggredito il pastore pentecostale G.N. Paul (vedi foto) nei pressi del villaggio di Munugodu (distretto di Nalgonda, Andhra Pradesh), mentre tornava dal servizio domenicale, accusandolo di conversioni forzate. L’uomo ha riportato gravi ferite all’addome e alla testa, ma ora è fuori pericolo. Già tre volte prima dell’aggressione, alcuni indù avevano intimato al pastore di interrompere ogni attività di evangelizzazione. La polizia di Munugodu ha registrato il caso, ma nessuno è ancora stato arrestato.
Il 3 luglio scorso il pastore, della Chiesa battista indipendente, stava tornando a casa dopo il servizio liturgico, a cui avevano partecipato circa 20 famiglie. All’improvviso, quattro radicali indù lo hanno bloccato e accoltellato. Testimoni hanno assistito alla scena e chiamato un’ambulanza, che ha portato il pastore al Nalgonda Government Hospital. Due giorni dopo, il rev. Paul è stato trasferito all’Osmania Government Hospital di Hyderabad, dove ha subito un’operazione e al momento continua la sua degenza.
Secondo Sajan George, lo Stato è in parte complice di queste violenze contro i cristiani: “I fondamentalisti sono incoraggiati dal fallimento dell’applicazione della legge e dalla mancanza di volontà nell’assicurare la giustizia ai cristiani innocenti, vittime della persecuzione”.
In tutta l’India, infatti, la giustizia per le vittime del fondamentalismo tarda ad arrivare. “In Kandhamal, 50mila cristiani sono ancora sfollati – spiega il presidente del Gcic – in attesa di poter tornare nelle loro case dopo i pogrom del 2008”. Sajan George ricorda poi la situazione in Karnataka, dove “il rapporto del giudice BK Somasekhara ha scagionato membri del Sangh Parivar e del Bjp, contro ogni evidenza (cfr. AsiaNews, “Digiuno e sit-in di vescovi e fedeli contro un falso rapporto sulle violenze in Karnataka”)”.
Foto: www.persecution.in
Il 3 luglio scorso il pastore, della Chiesa battista indipendente, stava tornando a casa dopo il servizio liturgico, a cui avevano partecipato circa 20 famiglie. All’improvviso, quattro radicali indù lo hanno bloccato e accoltellato. Testimoni hanno assistito alla scena e chiamato un’ambulanza, che ha portato il pastore al Nalgonda Government Hospital. Due giorni dopo, il rev. Paul è stato trasferito all’Osmania Government Hospital di Hyderabad, dove ha subito un’operazione e al momento continua la sua degenza.
Secondo Sajan George, lo Stato è in parte complice di queste violenze contro i cristiani: “I fondamentalisti sono incoraggiati dal fallimento dell’applicazione della legge e dalla mancanza di volontà nell’assicurare la giustizia ai cristiani innocenti, vittime della persecuzione”.
In tutta l’India, infatti, la giustizia per le vittime del fondamentalismo tarda ad arrivare. “In Kandhamal, 50mila cristiani sono ancora sfollati – spiega il presidente del Gcic – in attesa di poter tornare nelle loro case dopo i pogrom del 2008”. Sajan George ricorda poi la situazione in Karnataka, dove “il rapporto del giudice BK Somasekhara ha scagionato membri del Sangh Parivar e del Bjp, contro ogni evidenza (cfr. AsiaNews, “Digiuno e sit-in di vescovi e fedeli contro un falso rapporto sulle violenze in Karnataka”)”.
Foto: www.persecution.in
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