28/03/2025, 11.57
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Ancora tensioni settarie nel Maharashtra: attesa la visita di Modi a Nagpur

Una folla ha preso d’assalto un santuario sufi, sostituendo la bandiera verde con una zafferano, simbolo dell’induismo nazionalista. A Nagpur, invece, gli scontri erano esplosi il 17 marzo dopo la richiesta da parte di gruppi estremisti di rimuovere la tomba dell’imperatore moghul Aurangzeb. In questo clima teso, il primo ministro Modi è atteso nella città, roccaforte dell'organizzazione paramilitare RSS e che da simbolo di armonia è diventato centro delle tensioni tra identità religiose e politiche.

Mumbai (AsiaNews) - Nello Stato indiano del Maharashtra continuano le tensioni comunitarie dopo gli scontri avvenuti a Nagpur tra indù e musulmani. Nei giorni scorsi una folla ha preso d’assalto il santuario sufi Hazrat Ahmed Chishti Dargah – noto localmente come Buwasind Baba – nel villaggio di Rahuri. La bandiera verde tradizionalmente issata sul sito è stata rimossa con la forza e sostituita da una bandiera color zafferano, simbolo dell’identità induista e dei movimenti ultranazionalisti hindutva.

Nei video diffusi sui social media si una statua di Chhatrapati Shivaji Maharaj, eroe maratha, imbrattata di vernice nera e si sentono membri della folla scandire slogan religiosi come “Jai Shree Ram”. Secondo quanto riportato da fonti locali, le violenze si sono estese nei dintorni, con episodi di lanci di pietre nei pressi di una moschea e presunti attacchi mirati contro abitazioni di residenti musulmani.

Il mausoleo è sempre stato frequentato da fedeli musulmani e indù. Tuttavia, negli ultimi mesi alcuni gruppi di estrema destra induista hanno iniziato a rivendicare che la struttura sarebbe sorta su un antico tempio indù, reclamandone la “restaurazione”. 

Rahuri conta circa 53mila abitanti, di cui 14mila musulmani. Secondo alcuni testimoni, la polizia, seppur presente durante l’assalto, non è intervenuta per fermare la folla. Le autorità locali, finora, non hanno annunciato indagini  sull’accaduto.

L’episodio si inserisce in un più ampio schema di tensioni settarie: da tempo i gruppi hindutva cercano di rimettere in discussione la storia dei luoghi di culto con atti provocatori per rafforzare una narrazione secondo cui l’induismo dovrebbe essere l’unica religione dell’India.

Il 17 marzo erano scoppiati gli scontri anche a Nagpur, un’altra città del Maharashtra. I gruppi ultranazionalisti indù del Vishwa Hindu Parishad (VHP) e del Bajrang Dal chiedevano la rimozione della tomba dell’imperatore mogul Aurangzeb, considerato una figura controversa per aver perseguitato indù e sikh. Secondo le ricostruzioni, i manifestanti avrebbero bruciato un’effigie di Aurangzeb e persino una chadar (stoffa rituale) con i versi del Corano, anche se il governo locale ha negato quest’ultimo fatto. Tuttavia la voce si è rapidamente diffusa sui social media, alimentando ulteriormente le tensioni.

Nel giro di poche ore la situazione è degenerata in lanci di pietre e aggressioni, con oltre 30 agenti di polizia feriti negli scontri. Ma persino degli esponenti del BJP hanno messo in dubbio l’operato delle forze dell’ordine quando le violenze si sono estese all’area di Mahal, nei pressi del quartier generale del Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), organizzazione paramilitare di estrema destra, fondata proprio a Nagpur nel 1925. 

Nei giorni successivi agli scontri sono state arrestate più di 100 persone e, nonostante recenti ordini della Corte suprema proibiscano la demolizione di case in ottica punitiva, le autorità locali della città hanno raso al suolo l’abitazione di un uomo musulmano accusato di aver dato avvio alle violenze. 

La città di Nagpur - da cui proviene tra gli altri anche il chief minister dello Stato del Maharashtra, Devendra Fadnavis, esponente del BJP, il partito nazionalista indù anche del premier Modi - è però da decenni anche simbolo del movimento dalit e anti-caste di B.R. Ambedkar, che proprio qui nel 1956 si convertì al buddhismo. Secondo alcuni commentatori, la città ha da sempre offerto un esempio virtuoso di rispetto reciproco tra comunità ed e a lungo rimasta immune al settarismo. Lo stesso capo dell’RSS, Sunil Ambekar, pare abbia tentato di smorzare le tensioni dicendo che la tomba di Aurangzeb “non ha alcuna rilevanza”. 

Al contrario, gli esponenti del BJP non hanno condannato i gruppi hindutva per le violenze (il chief minister Fadnavis ha accusato un film di aver infiammato gli animi, scaricando le responsabilità sulla sicurezza). 

Ma anche lo stesso primo ministro Narendra Modi - che proviene dagli ambienti dell’RSS -, domenica 30 marzo visiterà la sede centrale del movimento a Nagpur. Si tratta della sua prima visita da quando ha assunto l’incarico nel 2014, in una data che coincide con il capodanno marathi e l’inizio dell’anno nel calendario indù. 

Secondo quanto riportato dai giornali locali, durante la sua visita Modi porrà la prima pietra per un progetto di espansione del Madhav Netralaya Eye Institute & Research Centre, un istituto oftalmologico e di ricerca sostenuto dall’RSS. 

Alcuni analisti avevano segnalato l’allontanamento del BJP dall’RSS durante la campagna elettorale nazionale dello scorso anno, un elemento che potrebbe aver determinato la performance inferiore rispetto alle attese del partito di Modi, costretto a cercare alleati per governare. Proprio per questo, il BJP ha poi subito cercato di “ricucire lo strappo” permettendo al partito nazionalista di vincere le elezioni locali in alcuni Stati chiave, tra cui, appunto, anche il Maharashtra. 

(ha collaborato Nirmala Carvalho)

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