Ancora scontri e morti nelle rivolte in Bahrain e Yemen
Manama (AsiaNews/Agenzie) – I governi di Bahrain e Yemen scelgono la politica del pugno di ferro contro la richiesta di riforme politiche e sociali che si estende alla penisola arabica dopo l'incendio divampato in Egitto e Tunisia. In Bahrain la situazione è ancora estremamente instabile, dopo otto giorni di proteste, con scontri fra manifestanti e polizia in varie parti del piccolo Paese. Almeno quattro persone sono state uccise, e più di duecento ferite; ma non si hanno dati aggiornati. Il governo ha imposto severe restrizioni all’uso di Internet e ha bloccato vari social network, fra cui YouTube.
Il centro della capitale è presidiato dai blindati dell’esercito, e agli stranieri è “consigliato” di non muoversi dalle proprie abitazioni. Secondo alcuni analisti il Bahrain costituisce il punto più delicato nella mappa delle proteste perché una situazione di instabilità politica prolungata potrebbe scatenare un intervento dell’Arabia saudita. Secondo alcune fonti i sauditi avrebbero già inviato truppe e mezzi al confine per schiacciare la rivolta. Nel Bahrain una dinastia sunnita (come quella saudita) governa una maggioranza sciita. Fra le richieste, oltre alle dimissioni del premier, al potere dal 1971, ci sono maggior libertà politica e la fine delle discriminazioni a favore dei sunniti.
Anche in Yemen non si placa la protesta, giunta al suo settimo giorno. Quattro manifestanti sono rimasti uccisi ieri, e due oggi, in scontri con la polizia nel sud dello Yemen Nella città portuale di Aden alcune migliaia di persone sono state affrontate dalla polizia, che ha fatto uso di armi. La protesta sociale è giunta fino in Iraq, dove ci sono manifestazioni in molte città. A Kut la folla ha bruciato due palazzi dell’amministrazione pubblica, e il palazzo del governatore.
Ieri sono passati due mesi esatti dal giorno in cui Mohamed Bouazizi, un giovane tunisino disoccupato, si è dato fuoco, innescando la protesta che ha portato fino alla caduta di Ben Ali e di Hosni Mubarak. In Egitto è prevista per oggi una nuova dimostrazione, per mantenere la pressione sul Consiglio militare, e sostenere la richiesta di riforme rapide. Il timore è che la “vecchia guardia” di Mubarak ancora presente in posti di responsabilità possa impedire una reale transizione verso una democrazia.