Ancora morti nello Xinjiang, Pechino annuncia duri interventi durante il Ramadan
Nei giorni scorsi ci sono state aggressioni improvvise verso i passanti, con almeno 14 morti e 40 feriti. Le autorità annunciano controlli a tappeto contro le “attività religiose illegali”. Esperti: occorre un maggior rispetto per i diritti della minoranza uighuri, se si vuole evitare un crescendo di violenze.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Pechino accusa i militanti islamici per le aggressioni contro i passanti di ieri a Kashgar (Xinjiang) che hanno causato almeno 14 morti e 40 feriti, e annuncia una repressione contro le “attività religiose illegali”, proprio mentre oggi è iniziato il mese santo musulmano del Ramadan. Esperti invitano la Cina a rispettare i diritti e la cultura degli islamici uighuri se vuole evitare un’escalation delle violenze.
Il 30 luglio notte due uomini armati di coltello hanno assalito e ucciso un conducente di autocarro, poi hanno guidato il veicolo verso i pedoni accoltellandoli e uccidendone 6, con almeno 28 feriti. La folla ha circondato e fermato l’autocarro, uno degli aggressori è morto e l’altro è stato catturato.
Il pomeriggio del 31 luglio un’esplosione ha ucciso tre persone. Poi una dozzina di uomini hanno aggredito passanti e polizia. La polizia ha sparato e ucciso “4 sospetti”, come riferisce l’agenzia statale Xinhua. Fonti di stampa riportano altri scontri e incidenti nella città, ma la rigida censura impedisce migliori notizie.
Le aggressioni arrivano dopo i violenti scontri del 18 luglio tra folla e polizia con almeno 4 morti a Hotan, sempre nello Xinjiang, patria degli uighuri di religione islamica. Le autorità parlano di attacco terrorista contro la polizia, mentre fonti uighure la accusano di avere aperto il fuoco senza motivo contro pacifici dimostranti.
La Cina ha favorito una forte immigrazione di etnici Han nella zona, al punto che gli autoctoni uighuri sono ormai una minoranza.
Zhang Chunxian, capo del Partito comunista dello Xinjiang, ha annunciato ampie operazioni contro gli estremisti religiosi e la “repressione di attività religiosa illegali”. Il proposito desta il timore che gli interventi della polizia verso la comunità islamica possano essere ritenuti una provocazione, anche perché siamo all’inizio del Ramadan, mese sacro di digiuno e preghiera per i musulmani.
Molti esperti concordano che queste violenze non nascondono alcuna strategia ma esprimono il malcontento diffuso tra gli uighuri per lo scarso rispetto dei loro diritti , cultura e religione.
Joseph Cheng Yu-shek, professore di Amministrazione sociale e pubblica presso l’Università della Città di Hong Kong, spiega che, per evitare crescenti proteste, Pechino deve rivedere la sua politica verso lo Xinjiang, finora preoccupata soprattutto di inviare finanziamenti per favorirne lo sviluppo economico. Occorre, invece, dare attenzione e rispetto ai diritti degli uighuri, alla loro cultura, lingua e religione di minoranza. “Il governo centrale – commenta Cheng – non ha tratto insegnamento dai precedenti incidenti”.
Il 30 luglio notte due uomini armati di coltello hanno assalito e ucciso un conducente di autocarro, poi hanno guidato il veicolo verso i pedoni accoltellandoli e uccidendone 6, con almeno 28 feriti. La folla ha circondato e fermato l’autocarro, uno degli aggressori è morto e l’altro è stato catturato.
Il pomeriggio del 31 luglio un’esplosione ha ucciso tre persone. Poi una dozzina di uomini hanno aggredito passanti e polizia. La polizia ha sparato e ucciso “4 sospetti”, come riferisce l’agenzia statale Xinhua. Fonti di stampa riportano altri scontri e incidenti nella città, ma la rigida censura impedisce migliori notizie.
Le aggressioni arrivano dopo i violenti scontri del 18 luglio tra folla e polizia con almeno 4 morti a Hotan, sempre nello Xinjiang, patria degli uighuri di religione islamica. Le autorità parlano di attacco terrorista contro la polizia, mentre fonti uighure la accusano di avere aperto il fuoco senza motivo contro pacifici dimostranti.
La Cina ha favorito una forte immigrazione di etnici Han nella zona, al punto che gli autoctoni uighuri sono ormai una minoranza.
Zhang Chunxian, capo del Partito comunista dello Xinjiang, ha annunciato ampie operazioni contro gli estremisti religiosi e la “repressione di attività religiosa illegali”. Il proposito desta il timore che gli interventi della polizia verso la comunità islamica possano essere ritenuti una provocazione, anche perché siamo all’inizio del Ramadan, mese sacro di digiuno e preghiera per i musulmani.
Molti esperti concordano che queste violenze non nascondono alcuna strategia ma esprimono il malcontento diffuso tra gli uighuri per lo scarso rispetto dei loro diritti , cultura e religione.
Joseph Cheng Yu-shek, professore di Amministrazione sociale e pubblica presso l’Università della Città di Hong Kong, spiega che, per evitare crescenti proteste, Pechino deve rivedere la sua politica verso lo Xinjiang, finora preoccupata soprattutto di inviare finanziamenti per favorirne lo sviluppo economico. Occorre, invece, dare attenzione e rispetto ai diritti degli uighuri, alla loro cultura, lingua e religione di minoranza. “Il governo centrale – commenta Cheng – non ha tratto insegnamento dai precedenti incidenti”.
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