Anche i cattolici indiani protagonisti al Sinodo per il Medio oriente
Mumbai (AsiaNews) - In India e in Medio oriente i cattolici di origine indiana sono una minoranza, ma la loro presenza in queste regioni è antica quanto il cristianesimo. In questi ultimi anni la globalizzazione ha condotto molti cristiani indiani a emigrare nei Paesi arabi dove vivono e lavorano dando testimonianza della loro fede. In occasione del Sinodo delle Chiese del Medio oriente, che si terrà a Roma dal 10 al 24 ottobre, AsiaNews ha chiesto a p. Anbu A., missionario verbita ed esperto di Islam, di sottolineare il significato del sinodo per i cristiani dell’India.
P. Anbu ha compiuto i suoi studi sull’Islam alla Jamia Millia Islamia University di New Delhi ed è professore nei maggiori seminari cattolici dell’India. Il religioso è anche segretario della Islamic Studies Association (ISA) , associazione nata con lo scopo di costruire relazioni tra musulmani e cristiani in India. Ogni due anni l'ISA organizza convegni in diverse parti dell'India per educare i cattolici a comprendere l'islam attraverso lezioni tenute da docenti musulmani.
Il Sinodo del Medio Oriente, che si terrà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre, è un’iniziativa della Chiesa Cattolica per promuovere e mantenere buone relazioni con i Paesi arabi. L’India è un buon vicino dei Paesi del Medio Oriente, molti cristiani indiani vivono negli Stati arabi e sono sicuro che il prossimo Sinodo potrà aiutarli a riflettere in modo più profondo sulla loro chiamata a vivere una vita di impegno e totale dedizione. È nel senso di questa chiamata che i cristiani dell’India devono essere attenti ai bisogni dei loro vicini. In quanto immigrati i nostri cattolici si adattano più facilmente alle esigenze delle varie situazioni locali, tenendo presente i valori umani e la dignità. Quindi penso che il Sinodo sia una buona iniziativa da parte della Chiesa, e le considerazioni e gli insegnamenti che da esso emergeranno potranno raggiungere la gente comune.
pero che l’Assemblea dei vescovi porti una maggiore consapevolezza tra i cristiani di India e Medio oriente. I cristiani rappresentano una minoranza in entrambi i Paesi, ma la loro presenza in queste regioni è antica quanto il cristianesimo stesso. In India siamo dominati dalla maggioranza indù e nel Medio oriente siamo invece dominati dai musulmani. Ma nonostante la nostra sia solo una minoranza, la potenza del messaggio di amore e perdono di Gesù sorpassa tutto il resto. Per questa ragione, il Sinodo deve renderci orgogliosi di appartenere a una tradizione di amore, perdono e instancabile lavoro per la pace e l'armonia in queste regioni.
Il cristianesimo non è per i deboli, ma per è per i forti, quindi non dobbiamo esitare a rifuggire da tutte le forme di violenza che caratterizzano queste regioni. Così il Sinodo sarà un richiamo per portare il messaggio di Gesù in modo più potente.
Occorre anche sottolineare che cristiani e musulmani rappresentano oltre il 55% della popolazione mondiali. Quindi è molto importante il contributo di questi due gruppi per la pace e l'armonia nel mondo. Se musulmani e cristiani non sono in pace tra loro, il mondo non potrà essere in pace. La sua stessa sopravvivenza si basa sul rapporto tra queste due fedi.
La lettera inviata dai 138 saggi musulmani al Papa[1] esorta entrambi a dimenticare il passato e le storiche divergenze, entrando in un nuovo rapporto basato su amore, pace e armonia. Attraverso la lettera è emerso un nuovo atteggiamento che ha segnato un passo significativo nella storia del dialogo islamo-cristiano nel mondo. I contenuti della lettera sono l'amore di Dio, l'amore del prossimo e i contenuti in comune tra cristiani e musulmani. Essa ha una forte base biblica e coranica e mette in evidenza le analogie tra queste due religioni semitiche. In effetti è un dono bellissimo, che ci ricorda la nostra comune fede nell’ unico Dio. È questa fede comune in un Dio creatore che ci sostiene e ci permette di sentirci legati tra noi al livello più profondo del nostro essere. La lettera rivela anche alcune differenze tra queste due religioni, ma esse devono essere viste come delle sfide, piuttosto che come ostacoli alla stima reciproca. I contenuti in comune dovranno essere ripresi nei maggiori seminari per ulteriori studi e riflessioni. Essi devono essere anche ripresi da religiosi, sacerdoti e laici e devono far parte della loro formazione. La stessa lettera potrebbe essere tradotta nelle varie lingue indiane, in modo da poter essere letta e studiata dalla gente comune. Dovunque faccio lezione, cito l’importanza di questi contenuti comuni. So che non è sufficiente, ma molto lavoro è stato fatto e si dovrà fare nel dialogo islamo- cristiano.
In India, cristiani e musulmani sono solo una minoranza. Insieme formiamo circa il 15% su una popolazione di oltre un miliardo di persone, la maggior parte di religione indù. In questo contesto, la lettera rivela che i fedeli che si arrendono a un Dio trascendente, non dovrebbero arrendersi di fronte a nessuna realtà fatta dall’uomo. Dobbiamo lavorare insieme per cambiare la società, per costruire in India una società che sia realmente inclusiva. Sulla scia del fondamentalismo indù, le due comunità dovrebbero riunirsi per mostrare agli altri che la violenza religiosa è dannosa ed contro un’esistenza pacifica e armoniosa.
[1] V. AsiaNews.it, 17/10/2007 La Lettera dei 138 dotti musulmani al Papa e ai Capi cristiani