Amnesty International: nelle carceri siriane dissidenti torturati e uccisi
Almeno 88 le vittime del regime, morte dietro le sbarre. Essi hanno subito bruciature, elettroshock, percosse e altre forme di abusi. Questa mattina truppe di Damasco per le vie di Hama, alla ricerca di attivisti anti-governativi. Per la fine del Ramadan proteste di piazza nelle principali città.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) – Negli ultimi cinque mesi nelle carceri siriane sono morte almeno 88 persone; le vittime – tra cui 10 bambini – hanno subito violenze e torture come bruciature, elettroshock, percosse e altre forme di abusi. È quanto emerge in un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International, secondo cui le persone decedute in cella erano state arrestate per aver partecipato alle proteste anti-governative. Intanto questa mattina truppe dell’esercito di Damasco, appoggiate da carri armati e blindati leggeri, hanno compiuto una serie di raid per le vie di Hama, in cerca di dissidenti e attivisti.
Neil Sammonds, ricercatori di Amnesty International per la Siria, ha confermato alla BBC che le morti in galera – cui hanno contribuito in modo “determinante” le violenze – hanno raggiunto “proporzioni massicce”. Egli aggiunge che l’organizzazione possiede una lista di almeno 3mila persone, imprigionate dal regime per reati di coscienza. Il volume di abusi, documentato in alcuni video girati a Homs e Deraa, sarebbe tornato ai livelli di inizio marzo, quando è esplosa la Primavera araba.
Le morti in carcere sono avvenute a Damasco e in altri quattro governatorati: Rif Damashq, Idlib, Hama e Aleppo. Le accuse di Amnesty International giungono all’indomani della smentita ufficiale del regime siriano, che nega l’esistenza di una fossa comune nella città meridionale di Deraa. In queste settimane sono emerse accuse di violazioni nei confronti del governo del presidente Bashar al-Assad; tuttavia, Damasco impedisce a giornalisti e operatori stranieri l’ingresso in Siria e non vi sono fonti indipendenti a confermare degli abusi.
Intanto i cittadini di Hama denunciano una serie di blitz compiuti in mattinata dalle forze di sicurezza siriane, alla ricerca di dissidenti e manifestanti anti-regime. Abdelrahman, un attivista locale interpellato dalla Reuters, parla di “diversi veicoli leggeri e mezzi dell’esercito” posizionati nei pressi della città, a fare da scudo a “centinaia di soldati entrati nei sobborghi di al-Qusour e Hamdiya” da dove provenivano “colpi di arma da fuoco”. Ieri, in occasione della fine del Ramadan, nelle principali città della Siria sono divampate proteste di piazza, in particolare a Damasco e Homs. Nella capitale i rivoltosi lanciavano slogan fra cui “il popolo vuole la caduta del presidente”. Assad, di contro, continua a rivendicare l’uso “legittimo” della forza per reprimere quello che definisce un complotto per dividere il Paese. Sempre ieri le forze di sicurezza avrebbero sparato e ucciso quattro persone nelle città meridionali di al-Hara e Inkhil (provincia di Deraa), tra i quali vi sarebbe anche un ragazzo di soli 13 anni.
Neil Sammonds, ricercatori di Amnesty International per la Siria, ha confermato alla BBC che le morti in galera – cui hanno contribuito in modo “determinante” le violenze – hanno raggiunto “proporzioni massicce”. Egli aggiunge che l’organizzazione possiede una lista di almeno 3mila persone, imprigionate dal regime per reati di coscienza. Il volume di abusi, documentato in alcuni video girati a Homs e Deraa, sarebbe tornato ai livelli di inizio marzo, quando è esplosa la Primavera araba.
Le morti in carcere sono avvenute a Damasco e in altri quattro governatorati: Rif Damashq, Idlib, Hama e Aleppo. Le accuse di Amnesty International giungono all’indomani della smentita ufficiale del regime siriano, che nega l’esistenza di una fossa comune nella città meridionale di Deraa. In queste settimane sono emerse accuse di violazioni nei confronti del governo del presidente Bashar al-Assad; tuttavia, Damasco impedisce a giornalisti e operatori stranieri l’ingresso in Siria e non vi sono fonti indipendenti a confermare degli abusi.
Intanto i cittadini di Hama denunciano una serie di blitz compiuti in mattinata dalle forze di sicurezza siriane, alla ricerca di dissidenti e manifestanti anti-regime. Abdelrahman, un attivista locale interpellato dalla Reuters, parla di “diversi veicoli leggeri e mezzi dell’esercito” posizionati nei pressi della città, a fare da scudo a “centinaia di soldati entrati nei sobborghi di al-Qusour e Hamdiya” da dove provenivano “colpi di arma da fuoco”. Ieri, in occasione della fine del Ramadan, nelle principali città della Siria sono divampate proteste di piazza, in particolare a Damasco e Homs. Nella capitale i rivoltosi lanciavano slogan fra cui “il popolo vuole la caduta del presidente”. Assad, di contro, continua a rivendicare l’uso “legittimo” della forza per reprimere quello che definisce un complotto per dividere il Paese. Sempre ieri le forze di sicurezza avrebbero sparato e ucciso quattro persone nelle città meridionali di al-Hara e Inkhil (provincia di Deraa), tra i quali vi sarebbe anche un ragazzo di soli 13 anni.
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