Amman, gli islamisti sfruttano le manifestazioni contro il caro benzina
Amman (AsiaNews) - "Le manifestazioni contro il taglio dei sussidi a gas e carburanti si mantengono su un piano economico, ma potrebbero essere sfruttate dagli islamisti per imporre un cambio di regime. I Fratelli musulmani vogliono fare anche qui la loro rivoluzione islamica, ma la caduta della monarchia significherebbe la fine del nostro Paese". È quanto afferma ad AsiaNews p. Rif'at Bader, sacerdote del Patriarcato latino e direttore del Centro cattolico di studi e comunicazioni, testimone in queste ore delle proteste contro la legge che cancella gli incentivi a gas e carburanti, facendo schizzare i prezzi delle commodity dal 30 al 50%. Da ieri oltre 2mila persone manifestano ad Amman, Karak, Irbid e Maan. Nella capitale le proteste sono sfociate in scontri con la polizia facendo alcune decine di feriti.
I manifestanti hanno lanciato slogan contro il governo del Premier Abdullah Ensour, chiedendo le sue dimissioni. A preoccupare p. Bader sono però le critiche contro re Abdallah fatte dagli islamisti, che vogliono fomentare la popolazione per rovesciare la monarchia. "La libertà - gridavano alcuni - viene da Dio e non da voi, re Abdhallah".
Privo di risorse naturali, la Giordania importa gas e petrolio dai Paesi confinanti, in particolare dall'Egitto. Il governo ha giustificato la manovra con la pericolosa crisi economica e finanziaria che da mesi colpisce il Paese. Lo stop ai sussidi servirà per abbattere i costi dello Stato. Secondo la nuova legge, attiva da oggi, il costo per un pieno di benzina salirà di circa il 15%; diesel e gasolio costeranno circa il 33% in più. I continui attacchi contro i gasdotti del Sinai e la difficile situazione in Siria, hanno reso più difficile l'approvvigionamento, costringendo il governo ad acquistare parte delle risorse energetiche da altri Stati e a prezzi molto elevati.
P. Bader sottolinea che i tagli renderanno molto dura la vita dei cittadini. "Fatta eccezione per un piccolo gruppo di ricchi - spiega - la popolazione è in maggioranza povera, e la manovra su gas e carburanti abbatte i loro magri redditi. Oggi, anche il sindacato dei docenti ha lanciato uno sciopero generale. Le scuole resteranno chiuse per i prossimi tre giorni". Il sacerdote fa notare che finora le proteste sono pacifiche, anche se i Fratelli musulmani premono per trasformarle in un'ondata di manifestazioni contro re Abdallah sullo stile delle Primavere arabe.
"La gente - afferma - ha paura di un cambio di regime. Cambiare il parlamento, chiedere le dimissioni del Primo ministro è legittimo, e in alcuni casi utile. Ma la monarchia deve restare e non deve essere delegittimata. Noi non vogliamo diventare un altro Egitto, un'altra Siria o un altro Iraq".
Secondo il sacerdote, la Giordania è ancora un Paese sicuro dove i diritti fondamentali sono garantiti. "Qui - continua - vi è libertà di pensiero, la popolazione può esprimere in modo pacifico il suo dissenso e vi è rispetto dei diritti umani e le minoranze religiose, soprattutto i cristiani non sono minacciate. Ma agli islamisti ciò non interessa, essi sono galvanizzati dalla vittoria dei Fratelli musulmani in Egitto e in Tunisia e stanno tentando di fare lo stesso in Giordania". (S.C.)