Alto commissario britannico: Aiuteremo i profughi di Mullikulam
Mannar (AsiaNews) - È una condizione "amara e dolorosa" quella dei profughi di Mullikulam, cacciati dal proprio villaggio 20 anni fa e oggi relegati in una giungla. Così John Rankin, Alto commissario britannico in Sri Lanka, ha definito la situazione in cui vivono oltre 200 tamil (v. 22/06/2012, "Profughi da 20 anni, famiglie tamil cattoliche costrette a vivere nella giungla"). Ieri Rankin ha incontrato di persona queste 148 famiglie, e ha promesso loro di "discutere questa pietosa situazione con gli altri ambasciatori e con il governo del Paese". Presenti a questo incontro, anche p. Raajanayagam, altri due sacerdoti, una suora e due funzionari del movimento Nafso (National Fisheries Solidarity).
La storia di queste famiglie - tra i tanti sfollati interni (Idp - Internally Displaced People) prodotti da 30 anni di guerra civile - è drammatica. Costretta ad abbandonare il villaggio di Mullikulam per la prima volta nel 1990, la popolazione non vi ha mai fatto ritorno ed è stata smembrata tra campi profughi. Nel 2012, a conflitto finito già da tre anni, la gente avrebbe dovuto godere dei programmi di reinsediamento del governo per i profughi. In realtà, sono stati mandati nella giungla di Marichchikattu, senza nulla - case, utensili, tende, canne da pesca, ecc. - con cui poter ricominciare una nuova vita.
"Il problema - hanno spiegato alcune persone a Rankin - è che noi abbiamo tutti i documenti di proprietà in regola, ma le autorità non ci permettono di tornare a Mullikulam. Lì vivevamo di pesca e di agricoltura: qui non abbiamo nulla, e dipendiamo solo dalla carità degli altri".
"Non so - sottolinea ad AsiaNews p. Raajanayagam - per quanto tempo ancora questa gente dovrà vivere in una situazione simile. Per tutti loro ci sono solo due bagni. L'acqua potabile è razionata dalla Marina militare. Per lavarsi, devono andare vicino al lago".
Secondo i profughi, il motivo per cui non possono tornare al loro villaggio dipende dalla Marina, che usa le loro case e proprietà. "Cosa abbiamo fatto di male? - si chiedono alcuni -. Un tempo avevamo terreni che ci permettevano di vivere e mantenere le nostre famiglie. Adesso, viviamo sotto gli alberi come mendicanti".