Allarme Wwf: foreste a rischio nella regione del Mekong
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - La sempre maggiore richiesta di terreni agricoli nell'area del Grande Mekong potrebbe portare, entro i prossimi due decenni, alla distruzione di oltre un terzo dell'attuale foresta fluviale. È l'allarme lanciato da esperti e ambientalisti del World Wide Fund For Nature (Wwf), che si appellano ai governi della regione per la promozione di politiche ecosostenibili in una zona già segnata da uno sfruttamento estensivo che ha messo in crisi flora e fauna. Nel rapporto si denuncia la crescente deforestazione a favore di piantagioni di gomma e riso, che unita al traffico illegale di legname ha portato alla decimazione di diverse aree protette.
Peter Cutter, membro del Wwf, conferma che "il Grande Mekong è a un crocevia" e aggiunge che Cambogia, Laos e Myanmar hanno perso fra il 22 e il 24% del totale delle foreste fra il 1973 e il 2009. Thailandia e Vietnam hanno registrato una spogliazione del 43% circa della superficie boschiva.
Anche il Myanmar, nazione in rapido sviluppo dopo decenni di dittatura militare, è prossimo alla "soglia di deforestazione", in particolare lungo le zone di confine. Per questo il governo birmano ha introdotto dal prossimo anno un limite alle esportazioni, nel tentativo di arginare il fenomeno.
Il Wwf averte che, se non si metterà un freno alla progressiva deforestazione, entro il 2030 almeno il 34% delle rimanenti foreste "verrà perduto e progressivamente frammentato". Potrebbe così restare solo il 14% del totale delle foreste, mettendo a rischio l'habitat naturale di elefanti e tigri e la loro sopravvivenza.
Ad aggravare la situazione vi è infine la costruzione di dighe e centrali idroelettriche lungo il fiume. Fra le altre è da tempo fonte di polemica la diga di Xayaburi, in Laos, un progetto da 3,8 miliardi di dollari che viene definita dagli ambientalisti una "grave minaccia" all'ecosistema, con "effetti devastanti" sull'intera regione e i suoi 60 milioni di abitanti. In base alle previsioni dovrebbe sorgere e diventare operativa entro i prossimi cinque anni, sebbene sia già stata fonte di feroci polemiche fra le nazioni del basso Mekong (Laos, Vietnam, Cambogia e Thailandia).