Alla fine raggiunto un accordo tra le fazioni libanesi
di Paul Dakiki
Suleiman sarà eletto presidente, l’opposizione avrà il “terzo di blocco” che le permetterà di impedire qualsiasi decisione del governo, sarà varata una nuova legge elettorale. Soddisfazione viene espressa sia all’interno che all’estero.
Beirut (AsiaNews) – Domenica il generale Michel Suleiman sarà eletto presidente del Libano: è il primo punto dell’accordo annunciato a Doha dai gruppi politici libanesi, al sesto giorno della loro riunione nella capitale del Qatar per trovare un’uscita alla crisi politica. Alla elezione di Suleiman seguiranno la formazione di un nuovo governo, nel quale la minoranza avrà 11 ministri, e quindi il “terzo di blocco” - ossia la possibilità di impedire qualsiasi decisione del governo - e l’emanazione di una nuova legge elettorale.
L’annuncio dell’accordo è stato dato questa mattina e la sua formalizzazione è avvenuta durante la cerimonia di chiusura della mediazione. La gente a Beirut è scesa in strada a festeggiare.
Da un punto di vista politico, se l’immediata elezione del capo dello Stato è quello che voleva la maggioranza parlamentare, la minoranza guidata da Hezbollah ha raggiunto il suo obiettivo principale, quello di poter impedire qualsiasi decisione del governo che le sia sgradita. Difficile in questa prospettiva prevedere vita facile per il tribunale internazionale voluto dall’Onu per giudicare i responsabili degli omicidi politici commessi in Libano negli ultimi anni, a partire da quello dell’ex capo del governo, Rafic Hariri. La corte dovrebbe essere istituita all’inizio del 2009 e cominciare ad operare l’anno successivo. Temutissimo dalla Siria – sostegno insieme con l’Iran di Hezbollah – che paventa di vedere accusati i suoi massimi responsabili, il blocco o il pratico svuotamento dell’inchiesta è apparso a molti tra i principali obiettivi dell’azione dell’opposizione.
Altro punto controverso, la legge elettorale, che sarà modificata, sulle linee di quella del 1960, che sarà applicata per una volta. Ciò porterà, in particolare, alla divisione di Beirut – roccaforte del partito della maggioranza sunnita di Saad Hariri - in tre circoscrizioni. Punto di maggiore disaccordo tra le parti, la nuova legge dovrebbe permettere una maggiore rappresentatività delle varie realtà confessionali (sunniti, sciiti, cristiani e armeni), ma il modo è oggetto di reciproche accuse e polemiche.
Naturalmente positivi i primi commenti. Il primo ministro Fouad Siniora sottolinea che “non potremo avere futuro senza unità interna”, il leader della maggioranza, Saad Hariri ha affermato di essere “sempre pronti a concessioni per la coesistenza e per aprire una nuova pagina di riconciliazione”. Per il capo delle Forze libanesi, Samir Geagea: “l’accordo è il migliore che potessimo raggiungere”, mentre il deputato di Hezbollah, Mohammed Raad parla di “grande speranza che l’intesa ci salvi dalla crisi. Nessuno al mondo può curare i nostri interessi, se noi non cooperiamo tra noi”. Dallo stesso fronte dell’opposizione, Michel Aoun sostiene che “l’accordo non è ideale per nessuno partito, spero che avvii una protezione per decenti rapporti fra maggioranza e opposizione”.
Da parte sua, il ministro degli esteri francese, Bernard Kouchner ha sostenuto che “si tratta di «una tappa essenziale nella completa restaurazione dell’unità, della stabilità e dell’indipendenza del Libano”. Anche il suo omologo siriano, Walid al Moallem, ha parlato di “importanza dell’intesa”, aggiungendo di sperare che “sia un preludio alla risoluzione della crisi politica in Libano”. Appoggio all’intesa è stato espresso anche da Iran e Arabia Saudita.
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