Al via 1100 case per i coloni israeliani: “uno schiaffo alla comunità internazionale”
di Joshua Lapide
Per gli israeliani è "un bel regalo per Rosh Hashanah", il capodanno ebraico che comincia questa sera. Per l’Autorità palestinese questa decisione è una “precondizione concreta” e “unilaterale”, proprio mentre Netayahu chiede ai palestinesi di non porre “precondizioni per il dialogo”. Uri Avneri accusa Obama – e le sue dichiarazioni filo-israeliane - di voler conquistare voti per la prossima campagna elettorale. Timidia dichiarazione di “dispiacere” da parte della Ue.
Gerusalemme (AsiaNews) – “Uno schiaffo in faccia a tutti gli sforzi internazionali per proteggere le tenui prospettive di pace nella regione”: così Saeb Erekat, rappresentante dell’Autorità palestinese (Ap), ha bollato la decisione di Israele di varare la costruzione di altre 1100 case per i suoi coloni nella zona di Gerusalemme est, a Gilo.
L’annuncio è avvenuto a solo pochi giorni dall’appassionato discorso di Mahmoud Abbas all’Onu, in cui egli chiedeva un seggio per uno Stato palestinese “nei confini del 1967”. Secondo il sito di Ynet, le nuove costruzioni sono "un bel regalo per Rosh Hashanah [il capodanno ebraico, che cominica dal tramonto di questa sera]".
Da un anno Abbas, presidente dell’Ap, propone di riprendere i dialoghi con Israele a patto che questi blocchi la costruzione e l’ampliamento delle colonie israeliane nei territori occupati e a Gerusalemme est.
Tutte queste costruzioni sono considerate illegali dalle leggi internazionali. Dall’occupazione nel 1967, Israele ha requisito terreni costruendo case e colonie per oltre 500 mila israeliani. Tale politica distrugge sempre più la possibilità di far nascere uno Stato palestinese con precisi confini.
All’Assemblea dell’Onu, riferendosi alla richiesta di blocco delle colonie, il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva invitato Abbas a non porre “precondizioni per il dialogo”. Per l’Ap, la decisione di far costruire altre 1100 case per i coloni a Gilo è “mettere precondizioni concrete sul terreno”. “Egli [Netanyahu] – continua una dichiarazione dell’Ap – dice che non ci dovrebbero essere passi unilaterali, ma non c’è nulla di più unilaterale che questo nuova ed enorme tornata di costruzione di insediamenti su territorio palestinese”.
La decisione di Israele mette in imbarazzo la politica di Barack Obama, che aveva consigliato Abbas di non procedere con la richiesta all’Onu e ha minacciato l’uso del veto. Allo stesso tempo, egli aveva spronato Abbas e Netanyahu a riprendere i dialoghi a due.
In vari interventi in passato Obama aveva sempre chiesto la fine delle colonie israeliane. Ma ieri, l’ambasciatore Usa in Israele ha precisato che gli Stati Uniti non sono d’accordo con la richiesta palestinese di bloccare gli insediamenti come precondizione al dialogo.
Secondo l’analista Uri Avneri, queste posizioni così filo-israeliane di Obama gli frutteranno “molte espressioni di amore e gratitudine che dureranno per molte campagne elettorali”.
In occasione della richiesta di Abbas all’Onu, anche il Quartetto (Ue, Usa, Russia, Onu) – dopo anni di immobilità – ha ripreso vita proponendo varie scadenza per la ripresa dei dialoghi israelo-palestinesi.
Ma ieri, alla notizia dei nuovi insediamenti a Gilo, Catherine Ashton, responsabile della Politica estera della Ue, si è solo lasciata sfuggire un commento molto timido, in cui esprime “gran dispiacere” per la decisione di Israele.
L’annuncio è avvenuto a solo pochi giorni dall’appassionato discorso di Mahmoud Abbas all’Onu, in cui egli chiedeva un seggio per uno Stato palestinese “nei confini del 1967”. Secondo il sito di Ynet, le nuove costruzioni sono "un bel regalo per Rosh Hashanah [il capodanno ebraico, che cominica dal tramonto di questa sera]".
Da un anno Abbas, presidente dell’Ap, propone di riprendere i dialoghi con Israele a patto che questi blocchi la costruzione e l’ampliamento delle colonie israeliane nei territori occupati e a Gerusalemme est.
Tutte queste costruzioni sono considerate illegali dalle leggi internazionali. Dall’occupazione nel 1967, Israele ha requisito terreni costruendo case e colonie per oltre 500 mila israeliani. Tale politica distrugge sempre più la possibilità di far nascere uno Stato palestinese con precisi confini.
All’Assemblea dell’Onu, riferendosi alla richiesta di blocco delle colonie, il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva invitato Abbas a non porre “precondizioni per il dialogo”. Per l’Ap, la decisione di far costruire altre 1100 case per i coloni a Gilo è “mettere precondizioni concrete sul terreno”. “Egli [Netanyahu] – continua una dichiarazione dell’Ap – dice che non ci dovrebbero essere passi unilaterali, ma non c’è nulla di più unilaterale che questo nuova ed enorme tornata di costruzione di insediamenti su territorio palestinese”.
La decisione di Israele mette in imbarazzo la politica di Barack Obama, che aveva consigliato Abbas di non procedere con la richiesta all’Onu e ha minacciato l’uso del veto. Allo stesso tempo, egli aveva spronato Abbas e Netanyahu a riprendere i dialoghi a due.
In vari interventi in passato Obama aveva sempre chiesto la fine delle colonie israeliane. Ma ieri, l’ambasciatore Usa in Israele ha precisato che gli Stati Uniti non sono d’accordo con la richiesta palestinese di bloccare gli insediamenti come precondizione al dialogo.
Secondo l’analista Uri Avneri, queste posizioni così filo-israeliane di Obama gli frutteranno “molte espressioni di amore e gratitudine che dureranno per molte campagne elettorali”.
In occasione della richiesta di Abbas all’Onu, anche il Quartetto (Ue, Usa, Russia, Onu) – dopo anni di immobilità – ha ripreso vita proponendo varie scadenza per la ripresa dei dialoghi israelo-palestinesi.
Ma ieri, alla notizia dei nuovi insediamenti a Gilo, Catherine Ashton, responsabile della Politica estera della Ue, si è solo lasciata sfuggire un commento molto timido, in cui esprime “gran dispiacere” per la decisione di Israele.
Vedi anche