Ai lavoratori di Shenzhen sottratti salari per 102 milioni di yuan
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Nella sola Shenzhen, nel 2008, 370 ditte non hanno pagato salari per 102 milioni di yuan (10,2 milioni di euro) a 39.200 lavoratori. Ma il governo, più che assicurare una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori, preferisce insegnare ai funzionari come “gestire” le conseguenti e inevitabili proteste di piazza.
Non è raro che le imprese chiudano senza pagare gli operai, ma la crisi globale ha “peggiorato” il fenomeno: sempre a Shenzhen, da ottobre a dicembre 2008 hanno chiuso 48 aziende e i presidenti sono scomparsi senza pagare salari per 30 milioni di yuan. Secondo stime del novembre 2008, nella città ci sono almeno 5,6 milioni di migranti: il rischio che la perdita di posti di lavoro e il furto dei salari inneschino proteste di piazza è alto.
L’Ufficio municipale per la Sicurezza sociale e del lavoro ha posto sotto osservazione tutte le imprese che hanno problemi e che non hanno pagato i salari da almeno un mese. Inoltre l’Ufficio del lavoro del distretto di Baoan ha chiesto alle aziende di sottomettergli dettagliati libri paga e di pagare i salari tramite le banche, che entro due giorni danno conferma all’Ufficio: un semplice controllo incrociato dei due dati mostrerà chi non ha pagato. Le ditte che ritardano i pagamenti sono anche escluse da progetti e da sussidi pubblici.
Intanto a Pechino da metà giugno oltre 3mila dirigenti della pubblica sicurezza hanno seguito corsi su come gestire le proteste sociali. Nel Paese oltre 20 milioni di migranti hanno già perso il lavoro e molti non hanno nuove prospettive di impiego a breve termine. In molte città gli operai licenziati sono già scesi in piazza per protesta. Il ministro delle Pubblica sicurezza Meng Jianzhu spiega, sul sito web del ministero, che questi corsi sono “un’urgente necessità per il difficile e impegnativo compito di mantenere la stabilità quest’anno”. E indica ai dirigenti di “cercare nuove soluzioni per risolvere le doglianze della gente e di essere partecipi” dei loro problemi.
Pechino non vuole che le proteste pubbliche siano sbrigativamente risolte dalle autorità locali con l’impiego della polizia. Ma esperti sono dubbiosi che una semplice politica di affabilità e cortesia sia efficace, di fronte alle quotidiane necessità di avere un lavoro e guadagnarsi da vivere.