Ahmadinejad in Libano: una visita ambigua
Beirut (AsiaNews) - Bint Jbeil è una città del Libano del Sud dove la guerra è divampata fra l’esercito israeliano e gli Hezbollah, nell’estate del 2006. Da lì il presidente iraniano Mahomoud Ahmadinejad non è riuscito a impedirsi, nel secondo giorno di una visita che avrebbe dovuto concludersi qualche ora più tardi, di evocare ancora una volta <la sparizione dello Stato di Israele>, e di rendere omaggio alla resistenza anti-israeliana. Nella stessa occasione ha annunciato l’arrivo del Mahdi, "che sosterrà Gesù Cristo…".
Tuttavia, nel corso dei suoi incontri con il capo dello Stato, il Primo ministro e il presidente della Camera, Ahmadinejad aveva giocato la carta dell’appoggio totale alle istituzioni e all’unità nazionale libanese.
Proprio prima di venire in Libano per la sua visita di due giorni (giovedì e venerdì 14 e 15 ottobre) il presidente iraniano aveva avuto cura di parlare al telefono con i re Abdallah di Arabia e Abdallah di Giordania.
Secondo un esperto libanese, facendo questo il presidente iraniano aveva voluto associarsi al "patto di stabilità" che hanno cercato di stabilire l’estate scorso le visite a Beirut di Abdallah d’Arabia e il presidente siriano Bachir al-Assad, nel momento in cui la prossima chiamata in causa di Hezbollah nell’assassinio dell’ex Primo ministro Rafic Hariri pesa notevolmente sul clima politico libanese.
Il contrasto fra questi due gesti, l’uno ufficiale, l’altro popolare, riflette bene la doppia partita giocata dall’Iran in Libano. Nei fatti, in due giorni, il presidente iraniano ha compiuto due visite e non una in Libano: la prima allo Stato libanese, che l’aveva invitato; e la seconda a Hezbollah.
La contraddizione fra le due visite appare ancora più evidente quando si mettono a confronto i due discorsi tenuti da Ahmadinejad. Non si può, in effetti, appoggiare lo Stato libanese e la sua politica, e considerare al tempo stesso che il Libano è "l’avamposto" del fronte del rifiuto contro Israele (con la Siria, Hamas e l’Iran), come il presidente ha affermato nel corso di una conferenza all’Università Libanese.
Il Libano è in effetti ufficialmente legato all’iniziativa araba di pace avanzata nel corso del vertice arabo del 2002 (27-28 marzo 2002). Il testo ufficiale di questa risoluzione afferma esplicitamente: <Partendo dalla convinzione degli Stati arabi che una soluzione militare del conflitto non stabilirà la pace, e che non assicurerà inoltre la sicurezza di nessuna delle due parti, questa iniziativa chiede a Israele di riesaminare le sue politiche e di piegarsi verso la pace, e di dichiarare che una pace giusta è anche la sua scelta strategica; e gli chiede anche di ritirarsi integralmente dai territori arabi occupati, compreso il Golan siriano, fino alla linea del 4 giugno 1967, e dai territori del Libano meridionale che sono ancora occupati>.
"In cambio, gli Stati arabi si impegnano a considerare che il conflitto israelo-arabo è finito e partecipano a un accordo di pace fra di loro e Israele, assicurando nel contempo la sicurezza di tutti gli Stati della regione, e stabiliscono relazioni normali con Israele nel contesto di questa pace globale".
L’ingerenza di Ahmadinejad negli affari interni del Libano – e degli Stati della Lega araba, allo stesso tempo – appare così in piena luce. Fra l’altro, le dichiarazioni del presidente iraniano contraddicono anche la risoluzione 1701 dell’Onu, che prevede l’instaurazione, a sud del fiume Litani, di una zona controllata unicamente dall’esercito libanese, appoggiato dalla Finul. Da cui l’ambiguità della sua visita e del messaggio politico da lui portato.
Quanto al messaggio escatologico iraniano, esso ha le sue radici in una visione religiosa che merita un trattamento a parte.