Ad un anno dal ritiro siriano, continuano le interferenze in Libano di Damasco e Teheran
Il patriarca Sfeir parla di rapporti difficili con la Siria; gli Usa pensano ad una nuova risoluzione dell'Onu, dove per la prima volta Kofi Annan parla di influenza iraniana.
Beirut (AsiaNews) Mentre si festeggia il primo anniversario del ritiro ufficiale dell'esercito siriano dal Libano, "fra Damasco e Beirut restano rapporti difficili, riluttanza a segnare i confini, debito pubblico ed emigrazione". E' il giudizio espresso dal patriarca maronita, Nasrallah Sfeir, secondo il quale la comunità internazionale deve aiutare il Paese dei cedri ad uscire da tali problemi ed i libanesi proseguire nel dialogo nazionale.
"La crescita dei litigi tra i rivali politici libanesi scrive dal canto suo il Daily Star ha danneggiato l'anniversario del ritiro". Il quotidiano parla di "tensione politica montante", mentre dovrebbe riprendere il Dialogo interlibanese.
Ad un anno dal ritiro, nota invece il Lebanonwire, in Libano c'è certamente maggiore libertà, ma allo stesso tempo "un altro 'esercito' controllato da siriani ed iraniani resta nel Paese e blocca il suo progresso". Nell'articolo, intitolato "Siria ed Iran controllano ancora il Libano", Walid Phares, studioso americano che ha collaborato alla stesura della risoluzione dell'Onu 1559, evidenzia in particolare alcuni elementi che impediscono il pieno sviluppo libanese. In primo luogo, malgrado le elezioni siano state vinte da una maggioranza antisiriana, gli alleati di Siria e Iran "sono sfortunatamente riusciti nell'intento di bloccare il pieno adempimento della risoluzione 1559, impantanando la rivoluzione dei cedri". Una campagna terroristica che ha preso l'avvio dal maggio scorso è poi riuscita ad uccidere alcuni politici come George Hawi, giornalisti liberali come Samir Qassir, esponenti democratici come Gebran Tueni. Terzo elemento, Le minacce fatte dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e dagli altri alleati della Siria "contro ogni tentativo di eliminare i residui dell'occupazione siriana, di disarmare le loro milizie e di schierare l'esercito libanese nel sud del Paese o lungo i confini con la Siria". Funzionari internazionali, americani ed europei, infine, sono giunti alla conclusione che "personale della sicurezza siriana" è presente lungo i confini ed in territorio libanese.
L'articolo si conclude con l'affermazione che in questi tempi veramente pericolosi, segnati dalla sfida delle ambizioni nucleari di Ahmadinejad alla sicurezza regionale ed internazionale, dal proseguire delle interferenze del regime di Assad nel processo politico iracheno, con il sostegno ai gruppi terroristici, dalla continuazione dell'assistenza data da Hezbollah ai gruppi radicali, come Hamas e il Jihad, "è cruciale rendere la società civile libanese capace di sviluppare una piena democrazia". Compito che dovrebbe vedere l'impegno della comunità internazionale.
Un passo in tal senso è stato compiuto ieri dagli Stati Uniti, con la proposta avanzata dall'ambasciatore all'Onu, John Bolton, di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza che denunci il proseguire delle interferenze siriane. La mossa statunitense dovrebbe coincidere con la presentazione del rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel quale si riafferma che le milizie libanesi, tra le quali Hezbollah, debbono disarmare e per la prima volta si cita il ruolo dell'Iran nella instabilità libanese, invitando Teheran a cooperare al disarmo delle milizie. L'annuncio ha già avuto una risposta negativa della Cina, secondo la quale le gravi tensioni che già colpiscono la regione spingono a non introdurre nuovi elementi di contrasto.