26/11/2008, 00.00
ARABIA SAUDITA
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AccoLade, la prima rock-band “in rosa” del regno saudita

Per sfuggire alle rigide norme islamiche le ragazze provano in luoghi nascosti e distribuiscono la musica sul web. Per la leader del gruppo “suonare è una sfida”, ma il sogno nel cassetto è tenere un vero concerto aperto al pubblico a Dubai. “Per mostrare a tutti quello che siamo capaci di fare”.

Jeddah (AsiaNews/Agenzie) – Non si possono esibire in pubblico, le loro foto non compariranno sulle copertine degli album, persino le loro prove sono fatte in gran segreto, per paura di offendere la morale e il pudore nel regno ultraconservatore. Nonostante tutto le componenti della prima rock-band tutta al femminile dell’Arabia Saudita – le AccoLade – non si fermano di fronte alla censura e ai taboo.

La band in rosa del rock saudita ha da poco completato il primo singolo, “Pinocchio”, che è già diventata una hit nel Paese con centinaia di ragazzi attaccati a internet per scaricare il file dal loro profilo ufficiale su MySpace (nella foto). Ora il progetto è quello di incidere un album, registrato in luoghi ben nascosti per sfuggire alle maglie della censura.

Le AccoLade sono quattro e tutte donne: la band è stata fondata da Dina – chitarrista – assieme alla sorella Dareen, che suona il basso; Lamia è la voce del gruppo, mentre Amjad si occupa delle tastiere. Il nome del gruppo si ispira invece ad un quadro del pittore pre-raffaelita Edmund Blair Leighton che Dina – studentessa di arte alla King Abdulaziz University – dice essere il suo preferito.

“Sì, suonare in Arabia Saudita è una sfida – dice Lamia, leader del gruppo – e forse siamo pazze. Ma vogliamo fare qualcosa di diverso”. In un Paese in cui vige la Sharia, la legge islamica, il rock è considerato la musica del diavolo e alle donne non è nemmeno permesso di guidare, sembra difficile credere che la band possa fare strada e uscire allo scoperto. Resta il fatto che il regno ha un’età media bassa – uno su dieci ha meno di 25 anni – e fra i giovani serpeggia il desiderio di conquistare piccoli o grandi spazi di libertà.

Una sfida aperta che non intende sfociare nella provocazione aperta, per non incappare nelle ire della polizia saudita; da qui le prove in luoghi nascosti e i timori di repressione da parte dei fondamentalisti. A questi si aggiunge l’auto-censura sui testi e sui titoli delle canzoni: Dina rivela di aver voluto scrivere una canzone ispirata dal dipinto “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci. Una scelta che è stata poi lasciata cadere perché giudicata “troppo controversa”, visto che non sono ammessi simboli religiosi cristiani e i casi di conversione dall’islam sono punibili con la morte in base alla legge sull’apostasia.

La band ribadisce di voler continuare con il progetto musicale, mettendo da parte i classici stereotipi associati al rock: il fumo, l’alcol e le droghe. Il loro sogno nel cassetto resta quello di tenere un vero concerto a Dubai: salire sul palco e trasmettere le emozioni al pubblico. “Vogliamo mostrare a tutti – conclude Dina – cosa siamo capaci di fare”.  

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