Accademico russo denuncia i falsi miti della propaganda
Lo storico Valerij Garbuzov, direttore dell’Istituto russo per gli studi su Usa e Canada, è stato licenziato per aver pubblicato un articolo in cui definiva il programma geopolitico di Putin “fragile, incerto ed eclettico”, frutto di una "sindrome post-imperiale" che alimenta la "bolla delle ilusioni". Attaccato dai media russi che ne sollecitano "almeno l'espulsione".
Mosca (AsiaNews) - Un personaggio di alto rilievo si è distinto in questi giorni nel tentativo di denunciare le falsità dell’ideologia di Stato, creando un certo scompiglio nel mondo dell’informazione russa. Valerij Garbuzov, direttore dell’Istituto russo per gli studi su Usa e Canada (un’istituzione dell'Accademia delle scienze già esistente ai tempi sovietici), è stato licenziato per aver pubblicato un articolo sui miti propagandistici russi a riguardo dei Paesi occidentali, ed è riuscito a pubblicare un seguito di questo primo pezzo anche dopo il defenestramento. Il collettivo dell’Istituto si è schierato a difesa dell’ormai ex-direttore, ed entrambi i suoi testi sono stati pubblicati sul sito della Nezavisimaja Gazeta, e pur essendo stati presto cancellati, molti hanno fatto in tempo a scaricarli.
Al posto di Garbuzov è stato nominato il 33enne direttore del centro di analisi strategica dell’Accademia delle Scienze, Sergej Kislitsyn, un fedelissimo del Cremlino. L’articolo per cui il direttore è stato eliminato si chiama “Sulle illusioni perdute di un’epoca che scompare”, in cui si elencano gli stereotipi ideologici a partire da quelli di eredità sovietica, la contrapposizione tra il “comunismo mondiale” e “l’imperialismo americano”. La Russia viene descritta come un ex-impero che soffre della sindrome della grandezza perduta all’improvviso.
Secondo Garbuzov “ciò che oggi vediamo espresso molto chiaramente in questa sindrome post-imperiale è la sua tragica logicità, più che un’anomalia storica… La particolarità è che non si è manifestata subito dopo il crollo dell’Urss nel 1991, ma solo in seguito, con l’avvento di Putin al potere”. La malattia rimandata nel tempo, a cui non si era data la giusta importanza, è esplosa in dimensioni estremamente minacciose per la sicurezza del mondo intero. Il programma geopolitico della Russia è “fragile, incerto ed eclettico”, è soltanto un “collage di affermazioni tra l’eurasismo, il mondo russo, sulla base di un antiamericanismo aggressivo e la contrapposizione al mondo unipolare”. Piuttosto confuse sono le concezioni della “democrazia sovrana” del “popolo profondo”, condite dalla nostalgia per fantomatici valori tradizionali e un’interpretazione perlomeno discutibile della fede ortodossa.
Lo storico osserva che la Russia ha ormai fallito nel disegno di diventare la “locomotiva autonoma del movimento anti-occidentale”, cercando di costituire un’alternativa credibile ai due “imperi informali”, ma reali, degli Stati Uniti e della Cina. La sua mitologia non fa che aumentare la bolla delle illusioni, nella debordante retorica patriottica da superpotenza immaginaria, e nell’intenzione di “conservare il potere eternamente a qualunque costo” che caratterizza l’attuale regime, con tutta l’élite oligarchica che lo sostiene, conclude Garbuzov.
Il testo ha provocato le reazioni rabbiose di tutti i propagandisti dei media russi, a partire dal conduttore televisivo Vladimir Solov’ev, che pretende la verifica di tutti i finanziamenti dell’Istituto Usa-Canada e sollecita il rapido intervento delle forze dell’ordine contro l’ex-direttore, “almeno la sua espulsione, che continui a lavorare a contratto in una delle università americane”. La seconda parte delle riflessioni di Garbuzov sono uscite con il titolo “Una tempesta improvvisa nel nulla”, in cui risponde ai suoi accusatori in modo “popolare e divulgativo”.
Egli ribadisce la tesi che “i miti si creano in tempi diversi e vengono diversamente instillati nella coscienza sociale delle masse, per permettere il consolidamento temporaneo attorno al potere vigente per raggiungere determinati scopi”. Questo spiega la diffusione sempre viva dei sentimenti antioccidentali nella società russa, ma questo non impedisce ai processi storici di giungere alle proprie conclusioni inevitabili. “Nessuno può asfaltare liberamente la cultura e lo stile di vita dell’Occidente, e neppure si potrà cancellare la cultura russa dallo spazio occidentale, almeno nei suoi segmenti più significativi”, ritiene lo studioso. Quindi “prima o poi le relazioni tra la Russia, gli Usa e gli altri Paesi occidentali torneranno a svilupparsi”, non in seguito a rivoluzioni o colpi di Stato, ma per il crollo di tutti i falsi miti.
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