Abu Dhabi: pakistano uccide un medico indiano cristiano. L'ombra del fondamentalismo
Mumbai (AsiaNews) - Un brutale omicidio sconvolge la comunità cristiana indiana negli Emirati arabi uniti: il dr. Rajan Daniel, 58enne urologo dell'Ahalia Hospital di Abu Dhabi, è stato ucciso con otto coltellate da Mohamed Abdul Jamil, 46 anni, di nazionalità pakistana. Originario del Kerala, il medico cristiano è morto sul posto: sentite le urla, il personale ospedaliero ha trovato il corpo in una pozza di sangue, con una profonda ferita alla gola. La polizia ha subito fermato Jamil, che per il momento resta l'unico sospettato. Il fatto è avvenuto nel tardo pomeriggio del primo novembre scorso. La vittima lascia la moglie e un figlio. Per Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), l'omicidio indica la "fragilità della comunità cristiana" all'estero, e denuncia la "grave indifferenza" delle autorità indiane dinanzi al "brutale omicidio di un cristiano".
Per il momento, dalle indagini non emergono molti particolari. Jamil sarebbe originario delle aree orientali tribali del Pakistan, ma non è chiaro cosa l'abbia portato ad Abu Dhabi. La polizia crede che l'assassino possa essere stato un paziente della vittima, ma le cause del gesto sono tutt'ora ignote.
Secondo Sajan George "il governo del Pakistan e i suoi alleati hanno già iniziato a inventare storie per legittimare l'omicidio". Tuttavia, aggiunge, è ancora più grave "la mancanza di giustizia da parte del governo del Kerala, del ministero degli Affari esteri e del primo ministro", che ancora non si sono mossi per "dare giustizia alla famiglia del medico".
Anche se avvenuto negli Emirati, per il presidente del Gcic l'assassinio del dr. Daniel riaccende ancora una volta il problema del "fondamentalismo crescente" e della "radicalizzazione della società indiana". Questi elementi, spiega Sajan George, "stanno mettendo in grave pericolo vita, proprietà e libertà pubblica e privata della comunità cristiana", oltre a "colpire lo sviluppo della nazione, in particolare il benessere dei più poveri ed emarginati".
Per il leader cristiano, responsabili di questo radicalismo sono i movimenti ultranazionalisti indù e il silenzio delle autorità. Tuttavia, nota, "anche i tentacoli del fondamentalismo islamico stanno diffondendosi". In questo senso, a preoccupare è soprattutto il Popular Front of India (Pfi), confederazione di organizzazioni musulmane del Paese, che conta circa 800mila membri.
Nonostante il Pfi si fregi di difendere i diritti umani di tutte le comunità, in molti lo reputano invece responsabile di alimentare un clima di tensione. Di recente, è avvenuto con il grande esodo interno, in seguito alle tensioni in Assam. È il caso anche di alcune recenti dichiarazioni di KM Shareef, segretario generale nazionale della confederazione: nel difendersi dalle accuse di legami con il terrorismo pakistano, l'uomo ha tentato di mettere in cattiva luce il vicino di casa, affermando che "mantenere legami amichevoli con il Pakistan dovrebbe essere evitato non solo per non promuovere il terrorismo, ma anche per evitare di indulgere in attività come il traffico umano di ragazze indù". Una critica, questa, indirettamente rivolta al governo centrale, che nell'ultimo anno sta cercando invece di riallacciare i rapporti con il Paese.