Abbas chiede a Ban Ki-moon un seggio all’Onu per la Palestina
La richiesta deve passare al vaglio del Consiglio di sicurezza, dove gli Usa hanno minacciato il veto. Per i palestinesi, c’è una prima vittoria: all’Onu si parla di uno Stato per i palestinesi dopo 60 anni. Anche la comunità internazionale è stata costretta a volgere ancora l’attenzione verso il dialogo israelo-palestinese. A Gerusalemme spiegati 22 mila soldati per prevenire violenze. Manifestazioni e celebrazioni nelle città palestinesi.
New York (AsiaNews/Agenzie) – Nonostante la guerra diplomatica lanciata da Israele; nonostante la minaccia di veto da parte di Barack Obama, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha consegnato quest’oggi nelle mani del segretario Ban Ki-moon la richiesta che la Palestina sia riconosciuta come uno Stato (“nei confini del 1967”) e come membro a parte intera dell’Onu.
La richiesta nasce dalla frustrazione e dallo stallo in cui da circa un anno sono caduti i dialoghi israelo-palestinesi per il rifiuto di Netanyahu a fermare le attività degli insediamenti a Gerusalemme est e nei Territori occupati, rendendo sempre più impossibile la nascita di uno Stato palestinese.
Subito dopo l'incontro con Ban Ki-moon, Abbas ha presentato un appassionato discorso all'Assemblea Onu, concludendo con la notizia della richiesta di un seggio allo Stato palestinese. La maggior parte dei membri si è alzata applaudendo in modo fragoroso.
Le richieste di un seggio a parte intera devono passare attraverso la verifica del Consiglio di sicurezza e per essere accolte devono ricevere la maggioranza dei voti, senza alcun veto. Data la minaccia già predetta da parte degli Usa, questa strada sembra senza frutto. Eppure Abbas ha continuato a sostenerla, riuscendo ad ottenere almeno un punto a favore: rimettere in circolo la questione palestinese nella discussione internazionale. Come egli stesso ha dichiarato mesi fa in un intervento sul New York Times, “all’Onu l’unica volta in cui si è parlato di uno Stato palestinese è stato nel 1948” (18/05/2011 Mahmoud Abbas: Finalmente uno Stato palestinese, atteso per 60 anni).
La presentazione della richiesta ha anche mostrato l’ambiguità della posizione americana. Giorni fa Nabil Shaat, collaboratore di Fatah, ha dichiarato che la leadership palestinese ha preso la decisione di presentarsi all’Onu su suggerimento degli inviati Usa Hale e Ross. Questo spiega le critiche corrosive che in questi giorni appaiono sui cartelli a Nablus durante le manifestazioni : “Vergogna su coloro che si dicono democratici”; e riferendosi alla campagna elettorale americana dell’anno prossimo: “Obama vuole comprare voti col sangue dei palestinesi”.
Anche il cosiddetto “Quartetto” ( Onu, Usa, Ue, Russia) si è mosso – dopo anni di immobilismo – per stilare un’agenda di possibili colloqui e soluzioni al problema israelo-palestinese, pur rifiutando il seggio all’Onu per la Palestina.
In ogni caso, la risposta del Consiglio di sicurezza non è per oggi. Anzi, Abbas desidera che la richiesta venga valutata con comodo, forse per dare tempo ad un rinsavimento degli Usa.
Solo nel caso che il Consiglio bocci la candidatura a parte intera, Abbas si rivolgerà all’Assemblea generale per domandare un riconoscimento della Palestina (non dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, come è adesso) come “osservatore”. In tal caso, la richiesta viene messa ai voti in modo diretto e non vi è possibilità di veto. Secondo Abbas, i palestinesi possono contare almeno in 129 voti, più dei due terzi dei membri dell’Assemblea, con la quasi certezza della vittoria.
Perfino i Paesi europei, che nel Consiglio di sicurezza rimangono ancora i dubbio su come votare, hanno ricevuto da Javier Solana e dal premio Nobel Martti Ahtisaari il suggerimento di votare favore dei palestinesi nell’Assemblea generale.
Intanto, sul terreno, Israele ha dispiegato 22mila soldati in zone a popolazione mista (ebraica e palestinese) e sulla cosiddetta “linea verde” fra Gerusalemme est e ovest, per evitare possibili violenze dopo la presentazione della domanda al Palazzo di vetro. In molte città palestinesi vi sono manifestazioni non violente e soprattutto enormi raduni festosi, con canti e bandiere, per celebrare l’evento.
La richiesta nasce dalla frustrazione e dallo stallo in cui da circa un anno sono caduti i dialoghi israelo-palestinesi per il rifiuto di Netanyahu a fermare le attività degli insediamenti a Gerusalemme est e nei Territori occupati, rendendo sempre più impossibile la nascita di uno Stato palestinese.
Subito dopo l'incontro con Ban Ki-moon, Abbas ha presentato un appassionato discorso all'Assemblea Onu, concludendo con la notizia della richiesta di un seggio allo Stato palestinese. La maggior parte dei membri si è alzata applaudendo in modo fragoroso.
Le richieste di un seggio a parte intera devono passare attraverso la verifica del Consiglio di sicurezza e per essere accolte devono ricevere la maggioranza dei voti, senza alcun veto. Data la minaccia già predetta da parte degli Usa, questa strada sembra senza frutto. Eppure Abbas ha continuato a sostenerla, riuscendo ad ottenere almeno un punto a favore: rimettere in circolo la questione palestinese nella discussione internazionale. Come egli stesso ha dichiarato mesi fa in un intervento sul New York Times, “all’Onu l’unica volta in cui si è parlato di uno Stato palestinese è stato nel 1948” (18/05/2011 Mahmoud Abbas: Finalmente uno Stato palestinese, atteso per 60 anni).
La presentazione della richiesta ha anche mostrato l’ambiguità della posizione americana. Giorni fa Nabil Shaat, collaboratore di Fatah, ha dichiarato che la leadership palestinese ha preso la decisione di presentarsi all’Onu su suggerimento degli inviati Usa Hale e Ross. Questo spiega le critiche corrosive che in questi giorni appaiono sui cartelli a Nablus durante le manifestazioni : “Vergogna su coloro che si dicono democratici”; e riferendosi alla campagna elettorale americana dell’anno prossimo: “Obama vuole comprare voti col sangue dei palestinesi”.
Anche il cosiddetto “Quartetto” ( Onu, Usa, Ue, Russia) si è mosso – dopo anni di immobilismo – per stilare un’agenda di possibili colloqui e soluzioni al problema israelo-palestinese, pur rifiutando il seggio all’Onu per la Palestina.
In ogni caso, la risposta del Consiglio di sicurezza non è per oggi. Anzi, Abbas desidera che la richiesta venga valutata con comodo, forse per dare tempo ad un rinsavimento degli Usa.
Solo nel caso che il Consiglio bocci la candidatura a parte intera, Abbas si rivolgerà all’Assemblea generale per domandare un riconoscimento della Palestina (non dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, come è adesso) come “osservatore”. In tal caso, la richiesta viene messa ai voti in modo diretto e non vi è possibilità di veto. Secondo Abbas, i palestinesi possono contare almeno in 129 voti, più dei due terzi dei membri dell’Assemblea, con la quasi certezza della vittoria.
Perfino i Paesi europei, che nel Consiglio di sicurezza rimangono ancora i dubbio su come votare, hanno ricevuto da Javier Solana e dal premio Nobel Martti Ahtisaari il suggerimento di votare favore dei palestinesi nell’Assemblea generale.
Intanto, sul terreno, Israele ha dispiegato 22mila soldati in zone a popolazione mista (ebraica e palestinese) e sulla cosiddetta “linea verde” fra Gerusalemme est e ovest, per evitare possibili violenze dopo la presentazione della domanda al Palazzo di vetro. In molte città palestinesi vi sono manifestazioni non violente e soprattutto enormi raduni festosi, con canti e bandiere, per celebrare l’evento.
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