A un mese dalle elezioni, un Paese in stallo
di Abu Shakoor
A Dhaka l’ennesimo sciopero generale blocca la città; la Awami League continua a chiedere riforme e minaccia di boicottare le consultazioni generali del 22 gennaio. Una paralisi che viene da lontano.
Dhaka (AsiaNews) – Una persona è morta e altre 20 sono rimaste ferite in scontri tra attivisti politici rivali ieri a Shailkupa, ovest di Dhaka. Intanto la capitale oggi è paralizzata dall’ennesimo sciopero generale, indetto dalla Awami League (AL), alleanza di 14 partiti politici, con scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Le ripercussioni sono pesanti in tutto il Paese nel settore finanziario e in quello dei trasporti.
La situazione in Bangladesh è da mesi estremamente tesa e imprevedibile. La Commissione elettorale, dopo vari tentennamenti, ha fissato la data delle prossime elezioni parlamentari al 22 gennaio 2007; al potere c’è un governo “di transizione” fragile e molto contestato, guidato da un uomo, Iajuddin, recentemente operato al cuore, cui i medici avevano consigliato di lavorare non più di tre ore al giorno. Iajuddin è considerato vicino all’uscente partito al potere, il Bangladesh National Party (BNP), guidato dall’ex primo ministro Khaleda Zia, accusata di corruzione e sostegno al terrorismo islamico.
Le tensioni che attraversano il Paese sono scoppiate proprio in relazione all’appuntamento di gennaio: la Al ha promesso di boicottare la consultazione, se non verranno accolte le richieste di riforma della Commissione elettorale e concesso più tempo per la campagna elettorale.
Come si è arrivati allo stallo attuale
Un’anomalia del sistema politico del Bangladesh è che le elezioni parlamentari quinquennali devono essere gestite, sciolto il parlamento, da un governo “neutrale” istituzionale, incaricato di prepararle e realizzarle in tre mesi, garantendone libertà ed equità. Questo sistema è stato creato per uscire dalla confusione quando nel 1996 l’allora governo del BNP fu costretto a dimettersi e l’opposizione riuscì ad imporre la formazione di un governo “neutrale” elettorale. Ha funzionato discretamente per due legislature, quando personalità riconosciute e rispettate come oneste e autorevoli hanno assunto il potere e lavorato per eliminare i più evidenti favoritismi fatti dai governi precedenti. Ma quest’ultimo governo ha preventivamente mosso le carte per volgere il sistema a suo favore.
Le mosse dell’ex governo
La Commissione elettorale nominata per preparare le liste e organizzare tecnicamente le elezioni, ha lavorato sotto la guida ferrea di un fedelissimo del BNP, il giudice M.A. Aziz. Per controllare l’opposizione dei suoi due consiglieri, il governo ne ha nominati altri due, dandogli così la maggioranza. Ne sono nate liste elettorali grossolanamente truccate, e due successivi giudizi dell’Alta Corte e della Corte Suprema, che gli imponevano di “rifare il lavoro” rispettando la Costituzione.
Inoltre, già due anni fa il governo ha innalzato l’età pensionabile dei giudici costituzionali, calcolando che, in questo modo, nel 2006 la presidenza del governo “neutrale” sarebbe toccata a K.M. Hasan, uomo favorevole al BNP. Da subito, l’opposizione ha dichiarato che mai avrebbe accettato. Negli scorsi mesi di settembre e ottobre ci sono stati oltre 30 morti e migliaia di feriti in manifestazioni di piazza contro Aziz e Hasan, in scontri durissimi con la polizia spesso spalleggiata o incitata da uomini della coalizione al potere. Falliti anche gli ultimi tentativi di accordo, Hasan ha deciso all’ultimo di non accettare l’incarico. A questo punto Iajuddin con una mossa contestata dai costituzionalisti, ha assunto lui stesso l’incarico. Ora è presidente della repubblica, primo ministro, ministro degli Interni, Esteri e Difesa, mentre gli altri ministeri sono stati affidati a 10 “consiglieri” faticosamente scelti fra i vari nomi proposti dai partiti.
La mossa ha spiazzato l’AL che, sollecitata anche da personalità eminenti come il recente premio Nobel Yunus, e soprattutto dai governi occidentali, ha dichiarato che intendeva mettere alla prova Iajuddin, per vedere se avrebbe agito equamente per realizzare elezioni “libere e giuste”. Come prima mossa si è chiesto di sostituire il presidente della Commissione Elettorale Aziz, ormai del tutto impopolare per la sua partigianeria. Iajuddin e i consiglieri hanno trovato l’escamotage di mandarlo in ferie e dietro ulteriori pressioni dell’AL hanno tentato la stessa mossa con altri membri della Commissione, senza riuscirvi.
Gli ultimi sviluppi
Il tempo stringe per la revisione delle liste elettorali. Il BNP si appella alla Costituzione che impone di realizzare le elezioni entro 90 giorni, e si oppone ad una dilazione; l’AL chiede il rinvio, invocando il rispetto della Costituzione che vuole elezioni giuste, e intanto procede su due binari, prepara le elezioni, ma minaccia di boicottarle.
Sono sempre più numerose le proteste di cittadini che si vedono esclusi dalle liste a gruppi e villaggi interi. Dopo una pausa di qualche giorno, il 18 dicembre l’AL con i 13 partiti alleati ha organizzato un grande raduno a Dhaka, cui hanno aderito anche altri partiti minori. Ha dato infine un “ultimatum” per rimuovere gli uomini più compromessi con il passato governo, dopo di che deciderà se partecipare o boicottare. Il 19 dicembre, si è svolta grande manifestazione della coalizione del BNP, e oggi è in corso l’ennesimo sciopero generale con il probabile annuncio del boicottaggio delle elezioni da parte di 16 partiti. E domani?
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