11/06/2007, 00.00
INDIA
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A Tirumala è permessa una sola religione, quella indù

di Nirmala Carvalho
Il governo dell’Andhra Pradesh venerdì ha stabilito un’ordinanza in base alla quale a Tirumala non può essere professata altra religione se non quella indù. Per chi viola tale disposizione sono previsti fino a tre anni di prigione, indennità fino a 5mila rupie o entrambe.

New Delhi (AsiaNews) – A Tirumala è accettata solo la religione indù e non sono permesse attività politiche. La decisione è stata presa dal governatore dell’Andhra Pradesh, Rameshwar Thakur, venerdì 8 giugno con un’ordinanza che proibisce la propagazione di altre religioni nei luoghi di culto o preghiera. Il capo dei ministri, Y S Rajasekhar Reddy, ha riferito ad AsiaNews che durante la prossima sessione dell’assemblea verrà fatto un disegno di legge.

L’attività dei missionari cristiani a Tirumala e dintorni ha spinto il governo a promulgare l’ordinanza che contiene misure punitive per chi la viola. Prigione fino a tre anni, indennità fino a 5mila rupie o entrambe.

L’arcivescovo di Hyderabad, Marampudi Joji, ha detto ad AsiaNews “Davanti alla persecuzione ci leviamo in piedi coraggiosi con la nostra fede. Non c’è potere politico che possa impedirci di diffondere la parola del Signore”. “Questa ordinanza ha un valore prettamente politico – ha aggiunto mons. Joji - e il nostro capo dei ministri cristiano è tenuto sotto pressione. Ma crediamo che la costituzione indiana ci garantirà il diritto di diffondere la nostra fede. E’ preoccupante che l’Andhra Pradesh abbia introdotto una simile ordinanza. Il governo dovrebbe essere vicino alla comunità cristiana che ha servito instancabilmente l’intera società senza distinzione di casta e credo. Come arcivescovo di Hyderabad affermo che mai alcun cristiano è entrato in edifici di altre comunità religiose per fare proselitismo. La Chiesa sostiene il dialogo interreligioso nel Paese e ha lottato per costruire armonia e unità tra le religioni e la società civile. Non abbiamo paura. Malgrado tutte le ordinanze, la fede tra i cristiani è ulteriormente rinforzata. La gente è più unita e vicina alla Chiesa. Viviamo la nostra fede e davanti alla persecuzione ci leviamo in piedi coraggiosi e uniti in Cristo”.

Padre Anthoniraj Thumma, segretario dell’Andhra Pradesh Federation of Churches (Apfc) e dell’A.P. Bishops’ Council (Apbc) ha riferito ad AsiaNews “L’Apfc si oppone fortemente al divieto imposto dall’ordinanza. Il capo dei ministri, Y.S. Rajasekhara Reddy, si è piegato al volere dei gruppi estremisti indù che si stanno approfittando del fatto che è cristiano per ricattarlo. Questa ordinanza va contro molti diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e discrimina i non indù. L’Apfc esprimerà ancora la sua contrarietà all’ordinanza e cercherà di non farla passare all’assemblea legislativa dell’A.P.”.

A giudizio del presidente dell’All Indian Catholic Union, John Dayal, “l’ordinanza viola la Costituzione dell’India e va contro la Corte Suprema Hindutva secondo cui l’induismo è un modo di vivere. Le Rss e le sue organizzazioni hanno avviato una campagna d’odio contro Reddy, colpendolo sulla sua appartenenza alla religione cristiana. Quando i giornali Rss scrivono di lui lo citano sempre con il nome di battesimo, Samuel, e non Rajshekhara. Non c’è altra religione al mondo che abbia un posto interamente suo, dove nessun altro può entrare. L’India, inoltre, secondo la costituzione è un Paese laico. Allora, che ne è della libertà di fede a Tirumala? Che ne è dell’articolo 30? E di molte altre cose, come il diritto degli stessi indù ad avere assistenza medica e istruzione da chi scelgono loro? Cosa accade alla libertà di fede dei Dalit, dei cristiani e di tutte le comunità che vivono nella zona?”.

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