A Colombo la società civile chiede giustizia per la morte del sacerdote ucciso
di Melani Manel Perera
In una lettera alle autorità 22 organizzazioni civili invocano indagini indipendenti sull’uccisone di p. Nicholaspilai Packiyaranjith. Al governo e ai ribelli chiedono con forza il rispetto di leader religiosi e operatori umanitari che lavorano per le vittime della guerra.
Colombo (AsiaNews) – La società civile in Sri Lanka non si rassegna all’uccisione di p. Nicholaspilai Packiyaranjith, morto il 26 settembre in un attentato esplosivo nel nord dello Sri Lanka. Il 3 ottobre 22 organizzazioni hanno diffuso una lettera di condanna del brutale omicidio di questo sacerdote cattolico, impegnato nell’aiuto ai poveri e agli emarginati del nord del Paese, vittima della guerra civile da oltre 20 anni.
Nel documento i firmatari - tra cui Caritas-Kandy, National Peace Council e Christian Alliance for Social Action - chiedono alle autorità di prendere in seria considerazione il caso e garantire indagini indipendenti per assicurare alla legge i responsabili. Le 22 organizzazioni civili denunciano che finora nessuno risulta indagato in relazione all’incidente. La morte di p. Ranjith, come veniva chiamato il sacerdote ucciso, è avvenuta meno di due settimane dalla negazione da parte di Colombo che nel Paese luoghi di culto e leader religiosi siano sotto costante attacco. L’accusa è mossa al governo cingalese dalle organizzazioni per i diritti umani e da gruppi religiosi locali e internazionali.
Nella lettera si chiede “al governo, ai ribelli delle Tigri tamil e agli attori armati in campo di rispettare la legge internazionale e garantire sicurezza ai capi religiosi e agli operatori umanitari di modo che possano portare avanti il fondamentale lavoro di assistere e proteggere le vittime del conflitto” nel nord e nell’est dell’ex Ceylon.
Padre Packiyaranjith, nativo di Jaffna, 40 anni, era coordinatore per il distretto di Mannar del Servizio dei gesuiti per i rifugiati; è stato ucciso da una mina mentre con un’auto portava alimenti e altri aiuti al campo profughi e all’orfanotrofio di Vidathalvu. Nessuno ha rivendicato l’attentato, mentre fonti dell’esercito e dei rivoltosi si scambiano accuse di responsabilità.
Il sacerdote è il quarto esponente religioso ucciso o scomparso nel nord e nell’est dello Sri Lanka dall’agosto 2006, mentre risulta come 58mo nella triste e lunga lista di operatori umanitari uccisi o scomparsi dal gennaio 2006.
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