A Beirut chiese e conventi aperti per ospitare senza casa, libanesi e stranieri
In Libano ci sono molti stranieri, come i 34mila filippini per i quali Manila ha chiesto l'aiuto del Vaticano.
Beirut (AsiaNews) Navi da guerra e da crociera, elicotteri militari e voli charter, automobili e bus: tutto è buono per gli stranieri che hanno lasciato o stanno lasciando Beirut. Per chi è costretto a restare, come, al momento, i filippini, e per i libanesi che sono rimasti senza casa, si sono aperte le porte di monasteri, scuole e case religiose senza distinguere tra cristiani e musulmani, come dice l'abate Seman Abou Abdo, superiore generale dell'Ordine maronita mariamita, rivolgendosi a tutti i responsabili dell'ordine, riuniti per un capitolo straordinario per studiare la situazione dei mariamiti alla luce dell'orientamento del Sinodo patriarcale.
Padre Abou Abdo, parlando ad AsiaNews sottolinea che "l'ordine deve essere vicino alle sofferenze del nostro popolo, senza fare differenza tra cristiani e musulmani". Egli chiede a tutti di "assicurare un alloggio degno per questi nostri fratelli", indicando che spetta a ciascun superiore aprire le porte dei conventi ed i cuori "per accogliere l'appello del Signore che chiede di assicurare tutto il necessario per questi fratelli".
Il patriarca greco-melkita, Gregorio III Lahham, ha lanciato un appello a tutti i responsabili, a tutti i vescovi e superiori generali delle congregazioni religiose perché si muovano in favore di questi "fratelli colpiti dai bombardamenti atroci dei nemici della pace" ed esorta tutti a compiere gesti profetici in favore di tutti, senza aver paura, "perché Dio ama chi dona con gioia".
L'apertura di conventi ed istituti religiosi era stata chiesta anche dal governo delle Filippine, per dare soccorso ai 34mila filippini che lavorano in Libano. La domanda era stata avanzata nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri di Manila, Alberto Romulo, al nunzio mons, Fernando Filoni.
Il gran numero di filippini presenti in Libano ha spinto Manila a cercare rifugi sicuri, mentre si esaminano le possibilità di evacuazione via terra verso la Siria o via mare verso Cipro. Per ora, ha spiegato il ministro, "i nostri concittadini si sposteranno verso zone nelle quali la nostra ambasciata può assicurare la loro sicurezza, come le chiese e le istituzioni cattoliche". Il sottosegretario filippino agli Esteri, Esteban Conejos Jr., ha reso noto di aver informato i governi israeliano e libanese dei piani di evacuazione, incluse le possibili vie, per garantire il loro transito.
La maggior parte dei filippini lavora a Beirut: 25mila sono lavoratori domestici, gli altri prestano servizio negli alberghi o nelle missioni delle Nazioni Unite.
Le chiese della Medaglia Miracolosa a Achrafieh e di San Giuseppe hanno già accolto i primi gruppi. Il personale femminile dell'ambasciata è stato spostato a Beirut est o a Jounieh, nella zona cristiana. Estrelita Hizon, che fa parte dell'Ufficio per l'assistenza dei lavoratori all'estero, sostiene che la situazione per i filippini "non è così cattiva", in quanto il 99% di loro vive a Beirut e lavora nelle zone dei cristiani maroniti, nella parte settentrionale della città, mentre gli obiettivi degli aerei israeliani sono nella parte meridionale, araba, della città.
I filippini non sono gli unici asiatici che vivono e lavorano in Libano a cercare sicurezza. L'Indonesia è riuscita a far partire domenica 45 suoi cittadini e si prepara a fare altrettanto con altri 35; 25 dei 100 tailandesi che lavorano a Beirut sono partiti via terra per Damasco. Il Giappone sta organizzandosi.
(ha collaborato Yousef Hourani)
15/09/2022 12:19
21/08/2021 13:21