06/08/2010, 00.00
INDIA
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10 agosto: giorno di lutto contro la discriminazione dei Dalit cristiani e musulmani

di Nirmala Carvalho
Il 10 agosto 1950 sono state approvate le norme che discriminano i Dalit cristiani e islamici. Mons. Joji, egli stesso vescovo Dalit, spiega la forte richiesta sociale di abolire le discriminazioni e ricorda l’esempio di Madre Teresa.

New Delhi (AsiaNews) – “Il 10 agosto osserveremo un Black Day [giorno nero, giorno di lutto] perché il 10 agosto 1950 il presidente dell’India approvò l’infame art. 3 della Costituzione sulle Scheduled Caste (Sc). E’una protesta contro le discriminazioni subite da Dalit, cristiani e islamici”. Mons. Marampudi Joji, presidente della Commissione per le Scheduled Caste e Tribù e per le Classi meno sviluppate, organo della Conferenza episcopale indiana (Cbci), spiega in esclusiva ad AsiaNews le ragioni della protesta indetta per il 10 agosto dalla Cbci, dal Consiglio nazionale delle Chiese in India e dal Consiglio nazionale dei cristiani Dalit.

I promotori chiedono di esporre bandiere nere, in segno di lutto, su chiese e altri edifici cristiani, negli incontri e nelle manifestazioni pubbliche. La speranza è che – come pure dice mons. Joji in una dichiarazione – “questo sia un momento forte per far prendere consapevolezza alle nostre comunità cristiane e per sollecitare il governo centrale a prestare attenzione alla nostra giusta richiesta”.

La legge del 1950 riconosce ai membri della Sc vari diritti previsti dall’art. 341 (1) della Costituzione indiana. Ma il 3° paragrafo della norma del 1950 specifica che non può essere membro di questi gruppi “chi professa una religione diversa dall’induismo”. Nel 1956 e nel 1990 sono stati introdotti emendamenti per estendere la categoria anche a buddisti e a Sikh. Mentre ne sono tuttora esclusi i cristiani e i musulmani. Grazie a questa legge, i Dalit indù hanno facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale, con quote di posti di lavoro assegnati nella burocrazia.

I Dalit cristiani e islamici hanno da tempo tacciato di illegalità la norma, che viola principi costituzionali-base come l’uguaglianza (art. 14), il divieto di discriminazioni per la propria fede (art. 15) e la libertà di scegliere la propria religione (art. 25).

La Commissione nazionale per le Minoranze linguistiche e religiose (conosciuta come Commissione Justice Ranganath Misra) ha indicato di “abrogare in modo completo” la norma, in modo da “scollegare in modo completo lo status di Sc dalla religione e rendere il sistema delle Sc del tutto neutrale rispetto alla religione, come è quello delle Scheduled Tribes”.

Vari enti hanno pure chiesto di ammettere in tale sistema altre religioni come cristiani e islamici, come pure hanno fatto 12 governi di Stati indiani. I Consigli parlamentari statali di Bihar (2000), Uttar Pradesh (2006) e Andhra Pradesh hanno chiesto di far subito rientrare nelle Sc i Dalit cristiani e quelli islamici.

Anche la Corte Suprema ha più volte sollecitato il governo federale ad affrontare e risolvere il problema, ma senza ottenere risposta.

Nemmeno hanno avuto effetto le numerose marce di protesta e i dharna (digiuni di protesta) organizzati in tutto il Paese. Né hanno avuto seguito le ripetute assicurazioni di ministri e politici di risolvere presto il problema.

Mons. Joji ricorda che “madre Teresa è stata l’Icona dei Poveri, si è battuta per i poveri e questa discriminazione dei Dalit sulla base della loro fede è la peggiore discriminazione contro i poveri. Nel nefasto sistema delle caste, i Dalit sono privati di ogni cosa. Costituiscono oltre il 16% della popolazione indiana e i due terzi dei cristiani indiani. Madre Teresa si è dedicata senza sosta ai più poveri tra i poveri, agli emarginati. Nel centenario della nascita di questa grande Santa, speriamo che sia fatta giustizia per i Dalit cristiani e musulmani. Sin da quando ero sacerdote a Vijawada nel 1974 sono stato vicino all’opera di Madre Teresa e l’ho aiutata ad aprire le sue case di accoglienza nella diocesi. Nel 1992, quando sono diventato vescovo di Khamman, Madre Teresa era felice e mi ha detto: Questo è la prova che la Chiesa Cattolica è uguale verso tutti [mons. Joji appartiene ai Dalit ed è stato il primo vescovo Dalit della Chiesa indiana; Dalit in sanscrito significa “calpestati” e un tempo erano considerati rifiuti sociali]. La Madre ha amato i Dalit e si è dedicata a loro. Madre Teresa è fonte di amore, speranza e carità e noi speriamo che nell’anno del suo centenario il governo dia ascolto alle voci degli ultimi della società”.

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