22/03/2006, 00.00
India
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Rajasthan, marcia silenziosa contro le violenze anti-cristiane

di Nirmala Carvalho

Migliaia di persone – cristiani, musulmani e leader della sinistra parlamentare – hanno sfilato per le strade della capitale contro gli attacchi ai danni dei cristiani. Vescovo di Jaipur: "Siamo cristiani ed amiamo la nostra terra, ma non rinunciamo a difendere la vita che ci è stata donata da Dio".

Jaipur (AsiaNews) – Migliaia di cristiani hanno sfilato in silenzio ieri, 21 marzo, lungo le strade di Jaipur - la "città rosa", capitale del Rajsthan - per protestare contro l'aumento delle violenze anti-cristiane nello Stato. Gruppi di musulmani ed esponenti della sinistra parlamentare si sono aggiunti alla protesta, organizzata dall'Unione per le libertà civili, che si è conclusa all'esterno del Parlamento statale. Erano presenti anche mons. Oswald Lewis, vescovo di Jaipur, e mons. Ignatius Menezes, vescovo di Ajmer.

"E' stata una protesta pacifica – dice ad AsiaNews mons. Lewis – dove ho voluto parlare del contributo della Chiesa allo sviluppo ed al progresso dell'India. Ho sottolineato che siamo tutti indiani e che l'India è la nostra amata madre-patria, la terra in cui affondano le nostre radici".

Il commento del vescovo si riferisce agli slogan urlati dai nazionalisti in occasione di tutte le proteste e gli attacchi anti-cristiani, che invitano i cristiani "a tornare da dove sono venuti" e dipingono le istituzioni della Chiesa in India come "roccaforti dell'Occidente".

Il presule ha risposto anche alle accuse lanciate dal Bharatiya Janata Party - Bjp, il più grande partito politico indiano, di impronta nazionalista – che ha in più riprese attaccato "il terrorismo operato dai missionari cristiani" nei confronti della popolazione tribale e sta cercando di introdurre una "legge anti-conversione" all'interno del Rajasthan.

"L'impegno della Chiesa – dice il presule – si concentra nelle aree rurali non per desiderio di convertire chi vive lì, come affermano i nostri detrattori, ma perché sono zone che hanno assoluto bisogno di aiuto, in primo luogo medico e didattico, che nessuno vuole fornire". "Ho voluto fornire anche le statistiche statali degli istituti sanitari e degli ospedali, dei dispensari medici e delle altre strutture rette dalla Chiesa: tutti luoghi in cui può entrare chiunque, senza distinzione di casta, fede o credo".

"Voglio che sia chiaro – ha concluso – che come cristiani adoriamo un Verbo di amore e perdono e preghiamo per i nostri persecutori, ma non per questo rinunciamo al diritto di difendere la vita che ci è stata donata da Dio. Questa marcia vuole mettere in luce la persecuzione, le intimidazioni ed i pericoli che corriamo solo perché cristiani, pur essendo indiani".

I partecipanti hanno condannato pubblicamente, nel corso della manifestazione, l'arresto del leader protestante Samuel Thomas, della missione internazionale Emmanuel, condannato per aver pubblicato un libro ritenuto offensivo nei confronti dell'induismo, i numerosi attacchi alle missioni cristiane e le cerimonie di "riconversione all'induismo" che avvengono "sempre più spesso e sempre nei confronti dei tribali".

Remond Kohilo, presidente della Compagnia dei cristiani del Rajasthan, ha concluso: "Il vero motivo che ci fa marciare è la voglia di farla finita con questi attacchi. Nell'ultimo periodo abbiamo affrontato una dura opposizione e, purtroppo, abbiamo subito molte atrocità, ma i nostri figli non devono essere costretti a vivere in questa situazione".

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