Rajapaksa porta in piazza migliaia di persone contro le accuse Onu sui crimini di guerra
Colombo (AsiaNews) - Migliaia di persone in tutto lo Sri Lanka sono scese in piazza per protestare contro la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc) sui presunti abusi commessi da governo e ribelli tamil durante la guerra civile. A organizzare le manifestazioni, proprio l'esecutivo di Mahinda Rajapaksa, secondo il quale la risoluzione Onu è un tentativo dei Paesi occidentali di interferire con la politica interna dello Sri Lanka. In modo significativo, le proteste sono avvenute ieri, giorno di apertura della 19ma sessione dell'Unhrc a Ginevra (27 febbraio - 24 marzo). Il 26 aprile 2011 l'Onu ha pubblicato un rapporto in cui accusa il governo dello Sri Lanka dell'assassinio di migliaia di civili, durante le fasi finali del conflitto nel 2009.
Sostenitori del governo, parlamentari dell'Upfa (United People's Freedom Alliance, partito di Rajapaksa), monaci buddisti, musulmani e santoni indù hanno invaso 150 città del Paese, scandendo slogal e sventolando bandiere nazionali. Tutto si è svolto in modo pacifico. Dal 25 febbraio scorso, i ministri del governo Rajapksa si sono impegnati a esortare "tutti i cittadini, senza distinzioni etniche, religiose, economiche, politiche o sociali" a "unirsi nel salvaguardare il Paese, mostrando la forza del governo di Mahinda Rajapaksa" e la "buona volontà della sua gente".
Tuttavia, in molti hanno criticato queste manifestazione. Secondo Sujeewa Senasinghe, parlamentare dell'Unp (United National Party, principale partito d'opposizione) nel distretto di Colombo, la protesta rientra in una "strategia per distogliere l'attenzione del Paese dai reali problemi economici e sociali. Lo Stato di diritto sta scomparendo, i rapimenti sono all'ordine del giorno e il costo della vita è ormai salito alle stelle". Anche molti cittadini hanno criticato queste manifestazioni, definendole "un inutile spreco di denaro. Protestare contro l'Onu non è la soluzione ai nostri problemi".
Nello specifico, il rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite fa riferimento a un bombardamento dell'aviazione militare dalle vaste proporzioni, che avrebbe ucciso più di 40mila persone. Poi, dipinge un quadro infernale della vita a Vanni, la "no-fire zone" dove le autorità avevano raccolto 330mila civili: prigionieri freddati con un colpo alla testa, donne stuprate, corpi di bambini straziati. Nel documento, si accusano anche i ribelli tamil (Ltte) di aver usato i civili come scudi umani. Il governo ha sempre rifiutato il rapporto Onu, e nel dicembre 2011 la Lessons Learnt and Reconciliation Commission (Llrc, commissione di Mahinda Rajapaksa per indagare sugli eventi del periodo 2002-2009) ha pubblicato una sua relazione.
Secondo stime Onu, i morti del trentennale conflitto etnico sarebbero tra gli 80-100mila. Ancora oggi, il Paese conta più di 200mila Idp (Internally Displaced People, sfollati interni), vittime della prima (1991) e della seconda (2009) fase del conflitto. Nella penisola di Jaffna (Northern Province, una delle aree più colpite) ci sono circa 39mila vedove di guerra. Circa 12mila persone, soprattutto uomini, sono ancora disperse.
17/08/2019 09:00
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