02/10/2008, 00.00
SIRIA
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Più domande che risposte per l’autobomba di Damasco

Le autorità hanno comunicato arresti di cittadini “arabi”, ma non siriani, dei quali non è specificata la provenienza. Ma suscitano interrogativi l’uccisione di un secondo generale, dopo quello assassinato ad agosto, e l’esplosione di una seconda autobomba, dopo quella di febbraio contro Moghniyeh.
Beirut (AsiaNews) – Sono stati “arabi” provenienti dai Paesi vicini a far saltare l’autobomba che il 27 settembre, a Damasco, ha ucciso almeno 17 persone. Lo afferma l’agenzia ufficiale siriana, SANA, nel primo resoconto sulle indagini che hanno portato all’arresto di alcuni componenti del gruppo terrorista. Tra loro nessun siriano ed anche l’auto usata “era entrata in Siria il 26 settembre da un confinante Paese arabo”.
 
La SANA e l’ufficioso Al Watan non si soffermano sul fatto che, con questo attentato, un altro generale, George Ibrahim al Garbi, è stato ucciso, dopo l’assassinio, ad agosto, del generale Mohammad Suleiman, responsabile della sicurezza del Centro studi e ricerche siriano, e che un’altra autobomba è esplosa vicino ad un posto dei servizi di sicurezza, il Mokhabarat, dopo quella che a febbraio, pure nei pressi di un comando dell’intelligence, aveva ucciso Imad Moghniyeh, capo militare di Hezbollah. In un Paese nel quale polizia e servizi di sicurezza sono onnipresenti.
 
Le fonti siriane sostengono che “l’obiettivo dell’operazione terrorista avvenuta sabato mattina nel distretto di Al Qazzaz non era il distretto stesso o l’ufficio della sicurezza nella zona. I motivi che sono dietro all’esplosione saranno divulgati in una fase successiva”.
 
Fonti della sicurezza siriana, citate da Asharq Al-Awsat, domenica avevano sostenuto che erano stati evidenziati “collegamenti tra gli attentatori ed il gruppo Takfiri, alcuni componenti del quale sono stati arrestati e sono interrogati”. Si tratta di una organizzazione fondamentalista più volte menzionata dalle autorità siriane ed alla quale sono attribuiti vari progetti di attentati.
 
A proposito di terroristi in Siria, a luglio si era anche avuta notizia della repressione di una rivolta nel carcere di Saydnaya, provocata, secondo le autorità, da “accusati di crimini di terrorismo e di estremismo” e conclusasi con, sembra, 25 morti. Ed ora, l’esplosione e le accuse contro gruppi terroristici organizzati giungono all’indomani delle dichiarazioni del presidente Bashar al Assad sul pericolo di infiltrazioni terroristiche dal nord del Libano e lo schieramento di 10mila soldati siriani lungo tale confine ed anche all’interno del Paese dei cedri.
 
In questo quadro, i blog libanesi avanzano le ipotesi più diverse: si va dall’esplosione prematura di un’autobomba destinata al Libano ad una “risposta” per la mai chiarita uccisione di Moughnieh (Suleiman era l’ufficiale di collegamento siriano con Hezbollah), da un conflitto interno legato alla vicenda del distrutto reattore nucleare di al Kibar ad un avvertimento iraniano contro i negoziati con Israele, ad una lotta di potere, insomma, tra le fazioni legate a Teheran e quelle favorevoli alla apertura di una politica di dialogo con l’Occidente. (PD)
 
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