05/07/2007, 00.00
CINA
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Pechino non riesce a imporre una politica antinquinamento

Le “crisi ambientali” sono continue: nel Jiangsu in un mese milioni di persone senz’acqua potabile, a Guangzhou tutte le piogge sono acide e distruggono i raccolti. L’Amministrazione per il controllo ambientale (Sepa): le autorità locali proteggono le fabbriche e Pechino non riesce a intervenire.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Continue piogge acide a Guangzhou (Guangdong). Acqua potabile inquinata nel Jiangsu. Nonostante le dichiarazioni dei leader, la Cina non appare adottare misure efficaci contro l’inquinamento, che soffoca campagne e città e causa perdite economiche gravissime e centinaia di migliaia di morti.

Secondo i meteorologi, a Guangzhou e in altre grandi città del Guangdong nei primi mesi del 2007 le piogge sono state sempre acide, a causa delle emissioni di biossido di zolfo delle fabbriche e degli scarichi dei veicoli.  Wu Dui, ricercatore a Guangzhou,  spiega che dal 2000 oltre il 70% delle precipitazioni sulla città sono state acide. Queste piogge aumentano l’acidità del suolo e causano la riduzione dei raccolti e la morte di animali, come pure danneggiano palazzi e siti storici perché nuocciono a legno, metalli e vernici. Dal 1996 al 2000 nel Guangdong hanno causato danni per 4 miliardi di yuan (525 milioni di dollari).

Nella contea di Shuyang (Jangsu) il 2 luglio oltre 200mila persone sono rimaste per due giorni senz’acqua potabile, che d’improvviso è diventata scura e maleodorante. L’agenzia statale Xinhua spiega che il fiume Xinyi, che fornisce l’acqua, è inquinato dagli scarichi delle fabbriche chimiche dello Shandong. L’acqua è stata diluita attingendo dal lago Hongze nell’Anhui e il contenuto di azoto e ammoniaca è tornato “nei limiti consentiti”. Il mese scorso oltre 2 milioni di persone sono state per giorni senza acqua potabile nella vicina Wuxi (Jiangsu).

Uno studio preliminare della Banca Mondiale stima che l’inquinamento dell’aria e dell’acqua causa in Cina almeno 460mila morti l’anno.

Esperti osservano che la campagna antinquinamento nel Paese, da tre anni portata avanti soprattutto dall’Amministrazione statale per la protezione ambientale (Sepa) e dal suo vicedirettore Pan Yue, di fatto ha portato solo a interventi isolati senza ottenere un sostanziale miglioramento. Gli impianti chiusi o denunciati hanno presto ripreso l’attività, per il sostegno di gruppi politici ed economici.

“Gli interventi [su casi specifici] non risolveranno il vero problema – dice Pan al China Youth Daily – senza un diretto impegno del sistema politico e legislativo”. La lotta contro l’inquinamento idrico “è un importante esame della capacità del governo di decidere e realizzare politiche macroeconomiche e promuovere l’armonia sociale”. Wang Canfa, esperto dell’Università di Cina di Scienze politiche e diritto, ammette che “negli ultimi anni ci sono state solo misure [antinquinamento] temporanee”, spesso assunte a seguito di disastri ambientali. Invece “occorrono meccanismi flessibili per operare in via ordinaria [quel controllo] che la Sepa cerca di applicare da anni”.

Huo Daishan, attivista ambientale, conferma che le autorità locali non applicano le indicazioni di Pechino. Occorre – aggiunge – che nelle principali decisioni in materia ambientale sia coinvolta la popolazione, che oggi subisce le conseguenze di politiche locali che “ignorano” le leggi in materia. (PB)

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