09/11/2011, 00.00
VATICANO
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Papa: preghiere e solidarietà per i Paesi colpiti dalle alluvioni

Appello di Benedetto XVI che cita sudest asiatico e America latina. Nel discorso per l’udienza generale commenta il Salmo 119: tutti siamo chiamati a fare di Dio il centro della nostra esistenza. I sacerdoti riscoprano la bellezza e la pienezza del celibato.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Tutti siamo chiamati a fare centro della nostra esistenza Dio “e la sua santa volontà”, in particolare i sacerdoti “chiamati a vivere del Signore e della sua Parola senza altre sicurezze avendo lui come fonte di vita. In questa luce si comprende la libera scelta del celibato per il Regno dei cieli, da riscoprire in tutta la sua bellezza e nella sua pienezza”. Il richiamo alla radicalità del Vangelo è stato evocato oggi da Benedetto XVI nel discorso che ha rivolto alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale.

Un incontro che ha dato occasione al Papa anche per un appello per le regioni del mondo “dall’America centrale al sudest asiatico” colpite da “alluvioni, allagamenti, frane, che hanno provocato numerosi morti, dispersi, senza tetto. Ancora una volta - ha aggiunto il Papa - desidero manifestare la mia vicinanza a tutti coloro che soffrono per questi disastri naturali, mentre invito alla preghiera per le vittime e i loro familiari e alla solidarietà, affinché le istituzioni e gli uomini di buona volontà collaborino, con spirito generoso, a soccorrere le migliaia di persone provate in tali calamità”.

In precedenza, nel discorso rivolto ai presenti, proseguendo nella illustrazione dei Salmi, Benedetto XVI ha parlato oggi del salmo 119, preghiera “molto particolare, unica nel suo genere” per la lunghezza, lo stile letterario e soprattutto perché è una riflessione sulla bellezza e l’importanza della Torah, la legge, la Parola di Dio. E’ questa la “parte” assegnata al salmista, cioè la sua “eredità” e la sua “felicità”: “a lui come ai leviti è stata data come porzione di eredità la parola di Dio”.

La legge, ha spiegato va intesa nella sua accezione più ampia e completa, come “insegnamento, istruzione, direttiva di vita; la Torah è rivelazione, è Parola di Dio che interpella l’uomo e ne provoca la risposta di obbedienza fiduciosa e di amore generoso. E di amore per la Parola di Dio è tutto pervaso questo Salmo, che ne celebra la bellezza, la forza salvifica, la capacità di donare gioia e vita. Perché la Legge divina non è giogo pesante di schiavitù, ma dono di grazia che fa liberi e porta alla felicità”.

Tutto nasce dall’ascolto della Parola, “da custodire nell’intimo, meditandola e amandola, proprio come Maria, che custodiva, meditandole nel suo cuore le parole che le erano state rivolte e gli eventi meravigliosi in cui Dio si rivelava, chiedendo il suo assenso di fede. E se il nostro Salmo inizia nei primi versetti proclamando beato chi cammina nella Legge del Signore e chi custodisce i suoi insegnamenti, è ancora la Vergine Maria che porta a compimento la perfetta figura del credente descritto dal Salmista”.

La legge divina, la conclusione del Papa, “oggetto dell’amore appassionato del Salmista e di ogni credente, è fonte di vita. Il desiderio di comprenderla, di osservarla, di orientare ad essa tutto il proprio essere è la caratteristica dell’uomo giusto e fedele al Signore, che la medita giorno e notte” è una legge, quella di Dio, da tenere sul cuore”.

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