Papa: Pronti a dialogare con i Paesi che non hanno rapporti diplomatici con noi
Daejeon (AsiaNews) - La Santa Sede è pronta a dialogare anche con quei Paesi asiatici che non hanno ancora pieni rapporti diplomatici con essa. Lo ha detto questa mattina papa Francesco incontrando una rappresentanza dei vescovi di tutta l'Asia, riuniti nel santuario dedicato ai martiri coreani di Haemi, nell'ambito della sua visita apostolica in Corea. "Spero fermamente - ha detto ai presenti - che i Paesi del vostro Continente con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena non esiteranno a promuovere un dialogo a beneficio di tutti".
Attualmente, le nazioni asiatiche che non hanno pieni rapporti diplomatici col Vaticano sono Cina, Corea del Nord, Vietnam, Laos, Myanmar, Brunei e Bhutan. Incontrando i giornalisti per un briefing dopo il dialogo del Papa con i vescovi - a porte chiuse - il direttore della Sala stampa della Santa Sede p. Federico Lombardi ha voluto chiarire che l'invito di Francesco "non si rivolge soltanto alla Cina, evidentemente, ma a tutte queste realtà diverse fra loro".
Nel corso del suo intervento, il Papa ha voluto sottolineare anche il luogo in cui erano riuniti i vari presuli: il santuario di Haemi, noto per il martirio di quasi 150 cattolici durante le persecuzioni del Joseon, noto anche come "il santuario dei martiri senza nome" per l'impossibilità di identificare tutte le vittime che qui hanno perso la vita. Ai vescovi Francesco ha detto che sono "molti i martiri della fede senza nome, morti per il Vangelo in Asia. Meritano tutto il nostro amore".
Grande importanza è stata riservata dal pontefice al tema del dialogo, chiave per l'evangelizzazione del continente, ma ha subito dopo aggiunto: "Non possiamo impegnarci in un vero dialogo se non siamo consapevoli della nostra identità. E, d'altra parte, non può esserci dialogo autentico se non siamo capaci di aprire la mente e il cuore, con empatia e sincera accoglienza verso coloro ai quali parliamo".
Vi sono tuttavia "diversi ostacoli" a questa missione, che nascono dalla nostra natura umana e di peccatori: il primo di essi è "l'abbaglio ingannevole del relativismo", il secondo "la tendenza a giocherellare con le cose di moda, gli aggeggi e le distrazioni, piuttosto che dedicarsi alle cose che realmente contano" e l'ultimo "l'apparente sicurezza di nascondersi dietro risposte facili, frasi fatte, leggi e regolamenti. La fede per sua natura non è centrata su se stessa, la fede tende ad 'andare fuori'. In questo senso, la fede ci rende capaci di essere al tempo stesso coraggiosi e umili nella nostra testimonianza di speranza e di amore".
Francesco ha poi voluto rivolgere una domanda riguardo la "fecondità della fede" dei vari Paesi asiatici: "L'identità cristiana delle vostre Chiese particolari appare chiaramente nei vostri programmi di catechesi e di pastorale giovanile, nel vostro servizio ai poveri e a coloro che languiscono ai margini delle nostre ricche società e nei vostri sforzi di alimentare le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa?". Quando guardiamo al grande continente asiatico, con la sua vasta estensione di terre, le sue antiche culture e tradizioni, ha concluso il Papa, "siamo consapevoli che, nel piano di Dio, le vostre comunità cristiane sono davvero un pusillus grex, un piccolo gregge, al quale tuttavia è stata affidata la missione di portare la luce del Vangelo fino ai confini della terra".
Fra i presenti c'era anche l'arcivescovo di Gwangju, mons. Igino Kim Hee-joon, che ad AsiaNews racconta: "L'incontro è stato fraterno e amichevole. Il Papa è passato in mezzo a noi mentre parlava, non è rimasto solo sul palchetto. E alla fine del discorso ha passato qualche minuto con ciascuno di noi, facendo domande e ascoltando le risposte. Apre nuove strade, anche nella Chiesa. Le sue domande e le sue riflessioni sulle nostre situazioni particolari ci spingono oltre i confini che, a volte, ci poniamo da soli". (VFP)
14/08/2014