22/05/2009, 00.00
CINA - PAPUA N. G.
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Negozi di cinesi assaltati in tutto il Paese

Attacchi in molte città contro il commercio cinese e asiatico che toglie lavoro ai locali. Quattro uccisi negli scontri. Pechino chiede al governo misure di sicurezza per i propri cittadini.

Port Moresby (AsiaNews/Agenzie) - Decine di negozi saccheggiati, vetrine distrutte e quattro morti. Questo è l’ultimo bilancio degli assalti a negozi e attività commerciali cinesi che dal 12 maggio stanno avvenendo in Papua Nuova Guinea.

Gruppi di assalitori, uomini e ragazzi di strada, hanno colpito in ben sei città del Paese: Port Moresby, Mount Hagen, Kundiana, Goroka, Madang, Lae e Wabag. I maggiori problemi sono avvenuti nei centri di Lae e Wabag dove gli scontri con le forze dell’ordine hanno causato quattro vittime tra i rivoltosi.

La settimana scorsa si è tenuta una marcia di protesta nella capitale Port Moresby. I manifestanti hanno espresso il loro dissenso riguardo al numero di asiatici presenti sul territorio, in modo particolare cinesi, che negli ultimi anni hanno aperto le proprie attività nei principali centri del Paese. Gli stranieri sono infatti in concorrenza con la già fragile economia locale, che presenta un tasso di disoccupazione nazionale intorno all’80%.

Secondo Peter Ipatas, governatore della provincia di Enga situata nel centro del Paese, gli scontri rappresentano un fallimento della politica governativa, che non è in grado di promuovere gli interessi della popolazione, favorendo invece l’entrata di stranieri nel Paese.   

Della medesima opinione è il leader dell’opposizione Mekere Morauta, il quale ha commentato nei giorni scorsi sul quotidiano Post–Courier che“il governo sta permettendo a stranieri che spesso non parlano una parola di inglese di operare in campi che dovrebbero essere riservati agli abitanti”.

Altra ragione delle ostilità, sarebbero poi i maltrattamenti denunciati dai lavoratori delle miniere gestite da ditte statali cinesi. La Cina è infatti proprietaria del Metallurgical Gruop Corporation (MCC)  i cui principali stabilimenti sono situati a Madang nella costa nord. Qui l’8 maggio gruppi di minatori hanno assaltato le strutture della raffineria di nickel Basamuk, costringendo i responsabili alla chiusura degli impianti.  

Interrogato da AsiaNews sulla situazione, mons. Douglas Young, arcivescovo di Mount Hagen, afferma: “ le violenze non sono tanto contro i cinesi, ma contro i commercianti cinesi. C’è un diffuso risentimento nei confronti degli asiatici che fanno lavori che potrebbero essere svolti dagli abitanti locali, e che sono per altro riservati per legge. C’è il sospetto che molte persone arrivino con l’uso della corruzione. I ministri tollerano queste forme di corruzione nei loro dipartimenti. I poveri purtroppo non sono in grado di distinguere tra la terza generazione di famiglie, i commercianti e i nuovi arrivati; tra l’occupazione legale  che porta beneficio al paese e quella invece illegale; tra i cinesi e gli altri asiatici”.     

Sul piano diplomatico il governo cinese ha chiesto ai leaders del Paese di prendere provvedimenti per garantire protezione ai suoi cittadini.

Il primo ministro  Puka Temu si è scusato con Pechino per gli attacchi avvenuti a danno della comunità cinese. Il 20 di maggio il parlamento ha votato all’unanimità una speciale normativa per gestire e monitorare gli scontri interetnici.    

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