Mosul: ancora sangue cristiano, ucciso un fotografo 45enne
Mosul (AsiaNews) - La comunità cristiana in Iraq di nuovo nel mirino dell'estremismo islamico: ieri mattina a Mosul, nel nord del Paese, le forze di sicurezza hanno scoperto il cadavere di un uomo, ucciso a colpi di pistola. Il rinvenimento è avvenuto nel quartiere Yarmuk, nella zona a sud-ovest della città; il corpo era crivellato da nove proiettili, esplosi a distanza ravvicinata. La vittima è Salman Dawoud Salman, 45enne fotografo libero professionista, ed era stato sequestrato quattro giorni prima, probabilmente a scopo di estorsione.
Fonti di AsiaNews in città spiegano che Mosul è "una roccaforte del fondamentalismo sunnita wahabita, che ha stretti legami con l'Arabia Saudita". L'obiettivo, aggiunge un esperto di politica irakena, è quello di "formare uno Stato in cui vige la Shariah", con il Corano e la sunna come riferimenti legislativi e "l'islam quale unica religione di Stato". "E ai fedeli di altre religioni - chiarisce - non rimarrà altra scelta che convertirsi, oppure fuggire dal Paese o pagare la tassa imposta ai non musulmani".
Una personalità ecclesiastica del governatorato di Mosul conferma che "a Mosul tante famiglie cristiane hanno lasciato la città da diversi anni". "Hanno perso la fiducia in tutto - aggiunge - e il governo è incapace di fare qualsiasi cosa per proteggerli. Le promesse dell'amministrazione sono solo bugie ed emerge una domanda: quale futuro si prospetta per i non musulmani, in questi Paesi in cui domina la logica della violenza".
Da tempo la comunità cristiana nel nord dell'Iraq è vittima di rapimenti a scopo estorsivo e di una guerra incrociata fra arabi, turcomanni e curdi per la conquista del potere e il controllo degli enormi giacimenti petroliferi racchiusi nel sottosuolo. In un decennio, le stime parlano di una minoranza "più che dimezzata" in seguito all'esodo "biblico" causato dagli omicidi in serie.
Dal 2003 al dicembre 2011, data del ritiro completo delle truppe Usa, sono morti 4.550 soldati statunitensi e 300 alleati. Tuttavia, la vera carneficina riguarda la popolazione civile irakena, che registra circa 100mila vittime dall'inizio della guerra. Il 20 marzo scorso, in occasione del nono anniversario dall'invasione statunitense, una serie di attentati - almeno 20 esplosioni, colpita anche una chiesa siro-ortodossa a Baghdad - ha causato oltre 40 morti e decine di feriti.