Morti e feriti a Homs. Assad accusa i salafiti
Homs (AsiaNews/Agenzie) - Più di 20mila persone si sono radunate ieri sera a Homs (nella foto) per chiedere la fine del regime di Bashar al-Assad violando il divieto delle autorità, in una manifestazione seguita ai funerali di dodici persone uccise il 17 aprile dalle forze di sicurezza. Un ufficiale delle forze di polizia ha intimato ai manifestanti che si erano radunati a piazza dell’Orologio di disperdersi. Subito dopo la polizia ha aperto il fuoco. Sono stati sparati anche candelotti lacrimogeni. Secondo fonti locali alcune persone sono rimaste uccise o ferite.
Poche ore prima la televisione di Stato siriana ha trasmesso una dichiarazione del ministero degli Interni secondo cui le proteste sono “un’insurrezione armata da parte di gruppi armati che appartengono alle organizzazioni salafite, specialmente a Homs e Banias”. I salafiti appartengono a una corrente sunnita radicale, che molti governi arabi considerano vicina ad al-Qaeda. Questa dichiarazione è stata interpretata come la volontà del governo di reprimere con durezza le manifestazioni.
Il presidente siriano Bashar al-Assad, giunto al potere 11 anni fa alla morte di suo padre, ha promesso il 16 aprile che avrebbe messo fine alla legge di emergenza in vigore da mezzo secolo, ma la sua promesssa non è servita a calmare le proteste. Uno dei manifestanti di piazza dell’Orologio, che è stata ribattezzata piazza Tahrir (piazza della Libertà) a ricordo della piazza del Cairo ha dichiarato che la manifestazione è un sit-in a durata indefinita, fino a quando le richieste non saranno soddisfatte. Secondo alcuni attivisti dall’inizio delle proteste in Siria sono state uccise oltre 200 persone.
Gli Stati Uniti hanno smentito le recenti rivelazioni di Wikileaks secondo cui gli Usa avrebbero finanziato negli anni scorsi l’opposizione siriana. Il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner ha dichiarato ieri che il presidente Assad deve affrontare “una richiesta da parte del suo popolo di muoversi in una direzione di maggiore democrazia”, e che di conseguenza “deve rispondere alle legittime aspirazioni del suo popolo”.