04/08/2010, 00.00
KIRGHIZISTAN
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Medici senza frontiere: continuano le violenze nel Kirghizistan meridionale

I volontari, presenti nella zona delle recenti violenze, raccontano di discriminazioni e percosse contro semplici cittadini. Molte persone nemmeno vanno al pronto soccorso, per timore d’essere arrestate.

Osh (AsiaNews/Agenzie) – Non cessano le violenze e le vessazioni tra le comunità etniche kirghisa e uzbeka nel martoriato meridione del Kirghizistan, dopo le proteste di piazza e gli scontri inter-etnici e con l’esercito dello scorso giugno, che hanno causato centinaia di morti e migliaia di feriti. L’ong internazionale umanitaria Medici senza frontiere (Msf), da anni presente nel Paese, testimonia i continui soprusi e il clima di terrore che sussistono e dice che a Osh e Jalalabad, maggiori città del meridione, gli etnici uzbeki subiscono discriminazioni e sono persino esclusi dal soccorso medico.

Andrei Slavuckij, organizzatore del programma di Msf per il Kirghizistan, racconta che “ogni giorno, nelle nostre cliniche mobili e nelle strutture sanitarie alle quali collaboriamo, i nostri medici curano pazienti che hanno avuto recenti pestaggi o che mostrano pure segni di tortura. Molte persone, specie etnici uzbeki di Osh, ci dicono che non vanno alle strutture sanitarie pubbliche per paura di essere arrestate”.

Le grandi città meridionali sono ancora pattugliate dall’esercito e la gente non si fida nemmeno dei medici, teme che non rispettino il dovere di riservatezza. Personale di Msf conferma gravi discriminazioni: un’infermiera racconta che uomini armati inibirono l’entrata all’ospedale a una donna col figlio di 5 anni caduto dal secondo piano di un palazzo. Al punto che Msf lo ha dovuto far tornare a casa per curarlo lì.

I suoi medici hanno curato nelle ultime 4 settimane almeno 51 persone aggredite e percosse, almeno 5 di loro mostravano segni di torture, hanno dovuto seguire in casa un uomo con ferita d’arma da fuoco che rifiuta di andare in ospedale.

Un uomo racconta che diverse persone hanno fatto irruzione nella sua casa, dice: “Non sono sicuro che fossero poliziotti. Hanno percosso me e mio fratello. Chiedevano se mio fratello era coinvolto nell’omicidio di due poliziotti. Dopo 20 minuti di tortura gli ho detto di si…. Non hanno permesso a lui di chiamare un avvocato”.

Altri pazienti hanno riferito che la polizia durante le incursioni ha portato via varie persone, delle quali si ignora il destino.

A giugno, secondo i dati Onu, sono state distrutte o danneggiate 2.277 abitazioni a Osh e 400 a Jalalabad, almeno 375mila persone sono fuggite dalla zona, molti hanno riparato in Uzbekistan, decine di migliaia vivono tuttora in tende, non potendo o non osando tornare a casa.

Msf lavora nel Paese dal 2006 e oggi conta su 45 collaboratori, di cui 19 esteri.

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