Libertà religiosa: il martello del Papa per la pace del mondo
di Bernardo Cervellera
Benedetto XVI offre una specie di Abc di come attuare la libertà religiosa in Oriente ed occidente. Precise richieste ai governi del Medio oriente, della Cina, dell’Europa e dell’America latina. Nessuna società dovrebbe privarsi del contributo di persone e comunità religiose. L’esempio di Madre Teresa.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Convincere il mondo che “una pace autentica e duratura… passa attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione”: è questa l’intenzione per nulla implicita che domina il discorso che Benedetto XVI ha rivolto oggi al corpo diplomatico presso la Santa Sede.
Con una sequela martellante, l’espressione “libertà religiosa” è citata ben 19 volte, quasi cinque volte per pagina, per richiamare “responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria” ad per attuarla con impegno. E per questo egli elenca una serie di passi, una specie di abbecedario, che i governi (anzitutto) devono mettere in pratica.
Quasi a rispondere a ogni obiezione e stanare l’indifferenza e la sordità del mondo, il papa cita la filosofia e la storia, per ricordare che “la libertà religiosa è il primo dei diritti, perché, storicamente, è stato affermato per primo, e, d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo”, tanto che “l’uomo può essere definito un essere religioso”.
Il pontefice chiede di “rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo”. In questi anni Cina, Myanmar e Paesi occidentali continuano a difendersi contro l’importanza della libertà religiosa, rivendicando specificità culturali o pragmatiche (“viene prima il diritto a mangiare e a vestire”) per lasciarla all’ultimo posto. Nello stesso tempo, il papa condanna il tentativo di contrapporre la libertà religiosa ai “pretesi nuovi diritti” (il prete gay, la donna-sacerdote,…) “che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana”.
Benedetto XVI passa in rassegna i luoghi dove si umilia la libertà religiosa, primi fra tutti l’Iraq e l’Egitto, dove sono avvenuti gli attentati di Baghdad e di Alessandria, che hanno suscitato molte espressioni di solidarietà nel mondo. Ma – a differenza di quanto fanno le diplomazie internazionali – il papa non si lamenta del terrorismo e non si ferma solo a piangere. Egli domanda che, “malgrado le difficoltà e le minacce”, i governi medio-orientali garantiscano la sicurezza alle minoranze e piena cittadinanza ai cristiani; chiede che i libri di testo delle scuole – soprattutto in Arabia saudita - siano purificati da espressioni di odio; esige che lì dove esistono lavoratori cristiani (negli Emirati o nella stessa Arabia saudita), “la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali” per la loro cura. Con la stessa nettezza, chiede al governo pakistano non di emendare, ma di “abrogare” la famigerata legge sulla blasfemia.
Richieste precise anche alla Cina: il papa rifiuta il “monopolio dello Stato sulla società” ed esige per “le comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo”. E quasi a suggerire a Pechino un modello, Benedetto XVI cita l’esempio di Cuba, dove da oltre 75 anni vi sono relazioni diplomatiche con il Vaticano. (Più oltre cita anche la positiva esperienza con il Vietnam, le cui autorità hanno “accettato che io designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro”).
Il papa punta il dito anche sull’occidente dove in nome di una falsa tolleranza e pluralismo “la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale”.
Il pontefice richiama ancora una volta la polemica sui segni religiosi vietati in pubblico e sull’ostensione del crocifisso nei luoghi pubblici. Egli rivendica – soprattutto per l’America latina - lo spazio sociale per l’impegno dei cristiani nel campo della sanità e dell’educazione, contro leggi “che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica”.
Questo Abc dell’attuazione della libertà religiosa ha uno scopo preciso: “ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto”. Al contrario, “come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo”.
Il pontefice scongiura che “nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose” e cita l’esempio di Madre Teresa che mostra “al mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la società”.
Infine, vale la pena ricordare il richiamo che il papa fa alla stessa diplomazia vaticana: “L’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni internazionali – egli dice - è ugualmente al servizio della libertà religiosa”. Nunzi e rappresentanti vaticani non sono dunque chiamati solo a mediare o attutire tensioni, ma ad impegnarsi a garantire la libertà religiosa per i cristiani e per tutti.
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