Le donne saudite potranno candidarsi alle elezioni, ma non comparire sui manifesti
Per uno dei membri anziani del Consiglio degli ulema, l’idea “e inammissibile”. Ma il movimento femminile rilancia, chiedendo che alle donne siano comunque riservati tre seggi nei consigli comunali. E le donne d’affari chiedono l’estensione del loro diritti a non avere un “guardiano” nella gestione delle loro imprese.
Riyadh (AsiaNews) – Le donne saudite potranno pure candidarsi alle elezioni locali (tra quattro anni), ma non potranno far affiggere manifesti elettorali con le loro foto. E’ il parere espresso da uno dei membri anziani dell’Ufficio degli ulema, Sheikh Abdullah Al-Munea, che, a quanto riferisce Al-Hayat, avrebbe sostenuto che è “inammissibile per una donna che vuole partecipare alle prossime elezioni municipali promuovere se stesse affiggendo foto per le strade e sui muri come fanno i candidati uomini. Questo è possibile solo negli spazi riservati alle donne”.
La decisione di re Abdullah di consentire la futura partecipazione delle donne alla vita politica sembra insomma trovare già chi cerca di porre dei limiti.
Ma il movimento femminile continua a premere. Arab News riferisce le affermazioni di Naila Attar, donna d’affari e fondatrice del movimento Baladi (La mia città) che rilancia, annunciando una campagna perché alle donne, “siano comunque riservati tre seggi all’interno dei consigli municipali. Anche se non vince le elezioni, ella ha comunque il diritto di lavorare per la comunità, come un uomo”.
Non è tutto: le donne saudite in affari da qualche mese hanno rilanciato una campagna che sottolinea la necessità di allargare agli altri dicasteri statali la decisione del Ministero del commercio che le ha esonerate dalla necessità di avere un “guardiano” nella gestione delle loro imprese.
All’origine della “rivoluzionaria” decisione del Ministero c’è una serie di lamentele e di processi causati da frodi dei “guardiani”. La legge saudita considera la donna giuridicamente incapace: un “guardiano” - padre, fratello, marito o altro parente maschio - non solo la deve accompagnare se esce, ma deve avallare ogni suo atto pubblico e deve garantire per lei anche nella trattazione degli affari. I non pochi casi finiti in tribunale perchè il “guardiano” ha approfittato della situazione hanno causato la decisione ministeriale. Che per le donne d’affari saudite deve divenire regola anche per gli altri enti statali.
La decisione di re Abdullah di consentire la futura partecipazione delle donne alla vita politica sembra insomma trovare già chi cerca di porre dei limiti.
Ma il movimento femminile continua a premere. Arab News riferisce le affermazioni di Naila Attar, donna d’affari e fondatrice del movimento Baladi (La mia città) che rilancia, annunciando una campagna perché alle donne, “siano comunque riservati tre seggi all’interno dei consigli municipali. Anche se non vince le elezioni, ella ha comunque il diritto di lavorare per la comunità, come un uomo”.
Non è tutto: le donne saudite in affari da qualche mese hanno rilanciato una campagna che sottolinea la necessità di allargare agli altri dicasteri statali la decisione del Ministero del commercio che le ha esonerate dalla necessità di avere un “guardiano” nella gestione delle loro imprese.
All’origine della “rivoluzionaria” decisione del Ministero c’è una serie di lamentele e di processi causati da frodi dei “guardiani”. La legge saudita considera la donna giuridicamente incapace: un “guardiano” - padre, fratello, marito o altro parente maschio - non solo la deve accompagnare se esce, ma deve avallare ogni suo atto pubblico e deve garantire per lei anche nella trattazione degli affari. I non pochi casi finiti in tribunale perchè il “guardiano” ha approfittato della situazione hanno causato la decisione ministeriale. Che per le donne d’affari saudite deve divenire regola anche per gli altri enti statali.
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