La polizia nepalese blocca le elezioni del governo tibetano in esilio
Kathmandu (AsiaNews) – La polizia nepalese blocca le elezioni del governo tibetano in esilio, nonostante l’autorizzazione delle autorità locali. Ieri a Kathmandu, le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nei seggi, confiscando migliaia di schede elettorali utilizzate dalla comunità tibetana per eleggere Primo ministro e membri del parlamento del governo tibetano che è in esilio in India. L’azione ha scatenato le proteste degli attivisti tibetani, che accusano governo e polizia di attuare una vera e propria repressione nei loro confronti, in combutta con la Cina.
Tenzin Choeying, responsabile per l’India di Students for a Free Tibet, afferma: “Ci sono circa 20mila tibetani che vivono oggi in Nepal. La maggior parte di loro abita nella valle di Kathmandu e nel distretto di Pokhara. Essi lamentano continue aggressioni e intimidazioni da parte della polizia”. Choeying sottolinea che da tempo ai tibetani non è permesso riunirsi per celebrare le feste tradizionali, pregare insieme e la polizia tiene sotto stretta sorveglianza le attività dei movimenti pro-Tibet. “In luglio – aggiunge – non ci hanno nemmeno permesso di festeggiare il compleanno del Dalai Lama. Il governo aveva schierato centinaia di poliziotti nelle località di Swayambhunath e Boudhath, dove si concentrano i più famosi templi e monasteri buddisti del Nepal”.
Dopo l’invasione di Lhasa del 1950 e l’esilio del Dalai Lama in India (1959), il Nepal ha ospitato migliaia di rifugiati in fuga dal Tibet, consentendo ad essi il sostegno del governo in esilio. Con la caduta della monarchia nepalese nel 2006 e la salita al potere dei partiti maoista (Unified Communist Party of Nepal) e leninista-marxista (Unified Marxist–Leninist) il Paese ha iniziato a stringere accordi economici con Pechino, vietando agli esuli ogni tipo di manifestazione anti-cinese. Già nel 2008 in occasione delle Olimpiadi di Pechino il governo aveva limitato le manifestazioni di dissenso, soffocandole con la forza. (N.C.)