La doppia visita saudita-siriana lascia il Libano ancora diviso
di Fady Noun
La venuta di re Abdallah e del presidente Bachar el Assad aveva per scopo di calmare le tensioni interne, in vista della pubblicazione dell’atto di accusa del Tribunale internazionale che potrebbe incolpare gli Hezbollah per l’assassinio di Rafic Hariri, avvenuto nel 2005. I timori di una nuova guerra civile in Libano.
Beirut (AsiaNews) – “Una iniezione di richiamo e molti simboli”: così titola il quotidiano L’Orient-Le Jour a proposito della visita di ieri in Libano da parte del re saudita Abdallah e del presidente siriano Bachar el-Assad.
Il “richiamo” di cui si parla è quello del “vaccino contro la violenza” amministrato a Doha, due anni fa, e a cui si deve l’elezione di un presidente della repubblica e la formazione di un “governo di unità nazionale”.
Proprio di questo di tratta: anticipare e neutralizzare gli effetti sovversivi, devastanti di un atto di accusa del tribunale speciale per il Libano (Tsl), che metterebbe in causa gli Hezbollah per l’assassinio del premier Rafic Hariri, il 14 febbraio 2005.
La “storica” visita è durata solo poche ore, ma a sufficienza per tracciare delle nuove “linee rosse” che non possono essere superate. Toccare Saad Hariri è toccare il re Abdallah, dice la visita del monarca saudita alla casa e all’ufficio di Saad Hariri. Minacciare gli Hezbollah significa minacciare la Siria, dice l’incontro privato fra il deputato degli Hezbollah e il ministro siriano degli esteri, Walid el-Mouallem.
Lo si sapeva già, ma ridirlo rafforza il divieto. E il fatto che re Abdallah e Assad siano arrivati insieme sullo stesso aereo a Beirut, venendo da Damasco, rafforza il simbolismo e mette una doppia firma a questo consenso: è così che le cose devono andare, e non altrimenti.
In un gesto di una certa portata, nel palazzo presidenziale di Baabda, il capo di Stato siriano
ha avuto un incontro privato con il presidente della camera Nabih Berry, leader di una frazione della comunità sciita, tradizionalmente vicino alla Siria. [Significa che] egli sta prendendo – con discrezione – le sue distanze dall’Iran? È troppo presto per dirlo, ma occorre prenderne atto, perlomeno per la lettura di eventi a venire.
Di tutte le lezioni che si possono tirare dalla doppia visita di ieri, per il momento ne vogliamo conservare una: il Libano rimane sempre profondamente diviso, tanto che occorrono due grandi Paesi arabi, l’Arabia saudita e la Siria, per renderlo stabile e impedirne l’implosione. Lo spettro di tale imlosione si è profilato con le tonanti dichiarazioni di Hezbollah, che attraverso la voce del suo segretario generale, Hassan Nasrallah, ha dichiarato di voler ricorrere a un vero “atto di forza” – simile a quello lanciato il 7 maggio 2008 contro alcuni bastioni sunniti e drusi in Libano – per difendersi contro quello che egli considera “un complotto”.
Un deputato delle Forze libanesi, un partito che ci ha tenuto ad essere presente a Baabda nell’accogliere i due ospiti arabi, ha affermato che la doppia visita aveva per titolo la parola “calma” e non la parola “regolamento”.
Questa “calma” lascia totalmente aperto il delicato dossier da una parte delle relazioni con la Siria, dall’altra della comunità maronita, e dei partiti che rappresentano i cristiani. In effetti, il capo della Chiesa maronita non è stato invitato a Baabda; il presidente del partito Kataeb, l’ex capo di Stato Amin Gemayel, insieme ai suoi deputati, non ci sono andati. Finché non vi sarà un reale avvicinamento fra il Patriarca maronita e la Siria, mancherà sempre qualcosa alla “normalizzazione” in corso nei rapporti libano-siriani.
La calma lascia anche per intero aperto il dossier del Tsl, il cui atto di accusa dovrebbe essere diffuso “in autunno”, senza precisare alcuna data. Ma qui la partita sarà forse più dura e complessa. Né l’Arabia saudita, né la Siria potranno bloccare il cammino della giustizia internazionale.
I tentativi arabi potranno forse ritardare la pubblicazione dell’atto di accusa, ma sembra impossibile che si possa pesare sul corso dell’inchiesta o sviarla. Se le conclusioni dell’inchiesta provocheranno una guerra civile in Libano, i libanesi dovranno accontentarsi della verità, ma senza giustizia.
L’Orient-Le Jour, con la penna di Scarlett Haddad, scrive ancora: “Arrivati insieme a bordo dello stesso aereo, in un momento speciale della storia del Libano, il re Abdallah e il presidente siriano sono ripartiti separatamente, e ciascuno ha ripreso il suo cammino con i suoi mezzi”. L’intervallo è finito. Resta solo da sapere quante settimane di calma il Libano ha guadagnato in questo modo.
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