23/05/2006, 00.00
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La Siria reagisce alle pressioni Onu incarcerando i dissidenti

di Jihad Issa

Nel mirino del regime soprattutto gli attivisti delle organizzazioni per i diritti del'uomo. Polemica del governo con l'Ue che ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici.

Damasco (AsiaNews) – Il governo siriano reagisce con restrizioni e repressione all'interno, soprattutto contro gli attivisti delle organizzazioni dei diritti umani, allo "choc" delle pressioni internazionali, accresciute dalla pubblicazione dell'ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza, la 1680, che impone il ristabilimento dei rapporti diplomatici con il Libano e chiede la massima collaborazione con la Commissione d'inchiesta internazionale sull'assassinio dell'ex-premier libanese Rafic Hariri.

Se ieri Ammar al-Qorabi, presidente dell'Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria ha annunciato che ieri sono stati liberati tre dei suoi 12 attivisti imprigionati, Khaled Khalifa, Abbas Abbas e Kamal Chekho, la moglie di un altro attivista, Anwar El Banny, ha confermato ad AsiaNews l'arresto di suo marito, avvenuto mercoledì scorso, ed ha chiesto l'intervento della Croce rossa e di altre organizzazioni per aiutare Anwar, che continua uno sciopero della fame. Anwar è accusato di aver mantenuto contatti con dissidenti siriani che vivono in esilio.

L'avvocato Khalil Maatouk, che sta difendendo la causa del dissidente ha rivelato al nostro stesso corrispondente la volontà di "più di 200 avvocati siriani di aiutare questi uomini e donne degni di essere rispettati e difesi, perché sono cittadini liberi". Egli ha rivelato che la settimana scorsa sono stati arrestati altri tre attivisti dei diritti dell'uomo: Souleiman Tamer, Nidal Darwich e Mouhamad Mahfouz, che sono stati tenuti nel carcere "isolato" di Adra. L'avvocato ha anche criticato la maniera con la quale i giudici compiono le loro indagini, che portano arrestati innocenti a vivere sotto "una pressione psicologica e fisica".

L'accusa rivolta contro i tre attivisti, sempre secondo Khalil Maatouk, è di essere "gli artefici della dichiarazione di Beirut-Damasco, che ha chiesto la deposizione del regime in Siria", un'accusa che è stata contestata dagli arrestati, anche se condividono l'idea dei loro colleghi. I giudici Maher Alwan e Raghid Toutonji, che si occupano della vicenda, non sono riusciti finora a provare la cooperazione di questi attivisti con i dissidenti che vivono nell'estero.

Continua anche la prigionia del giornalista Michel Kilo, arrestato la settimana scorsa con l'unica accusa di aver pubblicato un articolo che appoggia la dichiarazione di Damasco, firmata da intellettuali e politici siriani. Ancora in carcere pure il dissidente comunista Fateh Jamous, imprigionato in una cella che misura 6 metri per 2 e costretto a dormire in terra.

Una protesta contro gli arresti "arbitrari" e la richiesta di liberare i prigionieri politici sono state avanzate sabato a Damasco dall'Austria, nella sua qualità di presidente dell'Unione Europea. Il governo siriano ha risposto duramente, accusando l'Ue di ipocrisia per aver criticato la sua gestione dei diritti umani, mentre numerosi Stati membri sono sotto inchiesta per aver probabilmente cooperato con la gestione di prigioni segrete americane. "Paesi che hanno permesso di creare prigioni segrete sul suo territorio e servendosi del loro spazio aereo – ha affermato il Ministero degli esteri - non hanno il diritto di porsi come difensori dei diritti umani o di interferire negli affari interni di altri Stati".

 

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