La Cina preme sul governo birmano per riprendere i lavori alla diga di Myitsone
Yangon (AsiaNews) - Il governo birmano e i vertici del gigante dell'industria cinese China Power Investment Corp. hanno intavolato discussioni "animate", per riprendere i lavori di costruzione della diga di Myitsone, "ufficialmente" fermi da mesi dopo lo stop imposto dal presidente del Myanmar. Nei giorni scorsi le autorità hanno ordinato lo sgombero forzato del villaggio di Tanhpre, nello Stato Kachin al confine con la Cina, poco distante dal luogo in cui - secondo il progetto - doveva sorgere il controverso impianto. Il presidente Thein Sein ha ordinato lo stop ai lavori e la sospensione del progetto sino al 2015, per valutarne l'impatto ambientale. In realtà, secondo testimoni le operazioni "accessorie" alla realizzazione della diga, fra cui la realizzazione di strade che conducono al cantiere e gli abbattimenti continuano.
La costruzione della diga di Myitsone è frutto di un progetto congiunto da 3,6 miliardi di dollari fra il Ministero birmano dell'industria, Asia World e la China Power Investment Corporation (Cpi), gigante cinese dell'energia. Essa dovrebbe garantire 3.600 megawatt di potenza, destinati a rifornire la provincia cinese dello Yunnan. L'apertura del cantiere ha causato lo spostamento forzato di 15mila abitanti, sparsi in 60 villaggi della zona; la comunità cristiana ha inoltre denunciato la distruzione di una grotta che conteneva una statua della Vergine Maria, cui i fedeli erano devoti.
Dietro la ripresa dei lavori, pare vi siano pressioni continue della multinazionale cinese che intende realizzare l'opera. In un incontro pubblico il presidente Cpi Lu Qizhou ha espresso fiducia in una riapertura a breve del cantiere, non appena verranno "appianati" i dubbi manifestati dalla controparte birmana. Nei giorni scorsi le autorità locali hanno arrestato e successivamente rilasciato una decina di persone fra cui una suora e un pastore battista, perché si opponevano al trasloco forzato dal villaggio di Tanhpre. Alcuni testimoni raccontano che il pastore avrebbe ricevuto percosse e maltrattamenti al momento del fermo.
Secondo l'ultimatum diffuso dall'amministrazione locale, l'area deve essere sgombrata entro il 17 marzo. L'ordine di sfratto è firmato dal vice-presidente birmano Thiha Thura Tin Aung Myint Oo e intima il trasferimento coatto in un nuovo villaggio governativo dove, però, non vi è terra da coltivare o cibo per gli animali. In caso di rifiuto, i contadini rischiano una condanna da sei mesi a un anno di carcere.
Fonti di AsiaNews nella zona confermano "il continuo aumento di truppe" nello Stato Kachin, malgrado i negoziati fra governo centrale e leader del movimento (Kio) che rappresenta la minoranza etnica. "Non si può fare ancora affidamento sull'esecutivo - spiega un esperto di politica birmana, dietro anonimato - perché i cambiamenti sono solo di facciata". Egli non esclude un lavoro sottobanco per la prosecuzione dei lavori e definisce "ambiguo" il rapporto fra Pechino e Naypyidaw. Le aperture a Yangon, una maggiore libertà di stampa e la crescita del turismo "non implicano un vero cambiamento". La liberazione di una parte dei prigionieri politici è "un passo importante"; ma vi sono ancora "molte persone, perlopiù anonime" chiuse in carcere nel silenzio generale. "Per loro il cambiamento non è ancora arrivato. La vera pace in Myanmar - conclude la fonte - sarà raggiunta solo quando vi sarà piena riconciliazione con le minoranze etniche".(DS)