Islamabad, leader cristiano incriminato per blasfemia con false accuse
Islamabad (AsiaNews) - Le norme sulla blasfemia in Pakistan sono ancora una volta pretesto per colpire - senza prove - esponenti delle minoranze religiose. Il reverendo Zafar Bhatti, presidente della Jesus World Mission, si trova in carcere con l'accusa di aver violato la "legge nera"; in queste ore i giudici stanno decidendo se accogliere o meno l'istanza di appello e ordinare il rilascio su cauzione. Egli è rinchiuso con l'accusa di aver inviato sms telefonici con un contenuto offensivo nei confronti dell'islam e del profeta Maometto da un leader musulmano. Secca la replica di leader cattolici e attivisti per i diritti umani, che sostengono l'innocenza dell'uomo e parlano di "pressioni" sulla polizia ed errori procedurali negli atti dell'inchiesta.
Il rev. Bhatti è originario di Karachi, ma nel 2010 si è trasferito a Lahore, nella colonia di Nawaz Sharif dove ha vissuto per due anni. Egli ha lavorato a lungo in difesa dei diritti dei cristiani e delle minoranze religiose. Di recente, il 10 luglio scorso, ha deciso di traslocare di nuovo con la famiglia, alla volta della capitale Islamabad. Il giorno successivo, a sorpresa, è stata presentata una denuncia a suo carico presso la polizia di New Town, a Rawalpindi, da parte di Ahmed Khan, vice-segretario del movimento islamico Jamat Ehl-e-Sunnat.
Secondo il rapporto degli agenti, Khan avrebbe ricevuto sul proprio numero di telefono alcuni messaggi - da parte di un numero visibile, ma non registrato in memoria - contenente linguaggio oltraggioso nei confronti della madre di Maometto. Egli si è rivolto alla polizia, minacciando di movimentare l'ala estremista se gli agenti non avessero aperto un fascicolo per blasfemia, alla sezione 295-C del Codice penale.
La vicenda presenta diversi aspetti poco chiari, tra i quali lo stesso capo di accusa nei confronti del reverendo cristiano. Per legge chi viola gli articoli 295 B e C del Cpp rischia anche la pena di morte. Tuttavia, l'offesa nei confronti della madre del profeta è regolata dalla sezione 295 A e prevede pene più lievi.
Il 16 luglio gli agenti hanno arrestato Bhatti e la cognata Nasreen Bibi e, durante il regime di custodia cautelare, lo hanno sottoposto a torture e abusi per estorcere una confessione mai arrivata. Egli respinge infatti con sdegno l'accusa e si dichiara innocente. La moglie si è rivolta agli attivisti di All Pakistan Minorities Alliance (Apma), l'associazione fondata da Shahbaz Bhatti, chiedendo giustizia. Oggi è prevista l'udienza in tribunale per decidere sulla richiesta di rilascio dietro cauzione.
Khalid Jill, di Apma, sottolinea che "Zafar Bhatti è innocente" e "daremo battaglia per liberarlo". Egli aggiunge che la polizia ha aperto un fascicolo "dietro pressioni" e "ci appelleremo contro l'errore relativo all'articolo di legge nella citazione in giudizio". Gli fa eco mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi, che si chiede "come la polizia può essere così sicura" dell'identità del colpevole. E aggiunge: "è chiaro - rivela il prelato - che in questo caso siamo al cospetto di una vicenda frutto di inimicizie personali", probabilmente legate alla proprietà di alcuni terreni.
22/02/2022 11:00