Iran e Usa aperti a dialoghi bilaterali. Scontenti Israele e sauditi
Monaco (AsiaNews/Agenzie) - Iran e Stati Uniti si sono offerti reciprocamente la possibilità di dialoghi diretti e bilaterali sul programma nucleare iraniano. Ma Israele e l'Arabia saudita premono per una prova di forza.
Alla Conferenza sulla sicurezza, tenutasi nel weekend a Monaco (Germania), il vicepresidente Usa, Joe Biden, ha detto che il suo Paese è pronto a negoziati bilaterali, a condizione che il supremo leader di Teheran, l'ayatollah Alì Khamenei, sia pronto a "serie" discussioni.
Il giorno dopo - ieri- il ministro iraniano degli esteri, Ali Akbar Salehi (v. foto) ha apprezzato l'offerta Usa, se le intenzioni di Washington sono "autentiche" e aperte a negoziati "sullo stesso livello".
Le tensioni fra Iran e Usa datano dai tempi della rivoluzione di Khomeini (1979). Nell'ultimo decennio esse si sono concentrate sul programma nucleare iraniano. Secondo Teheran, tale programma ha solo scopi energetici e medici; secondo Israele, gli Usa e una parte della comunità occidentale, esso è finalizzato a produrre potenti armi nucleari.
Una serie di sanzioni ha prostrato l'economia dell'Iran; ma esso continua a perseguire sempre nuovi traguardi sull'arricchimento dell'uranio.
A fasi alterne, l'agenzia Onu per il nucleare ha attuato diverse inchieste sugli impianti iraniani non giungendo però a nulla di definitivo e visto come pericoloso. Ma spesso Teheran ha ingannato gli agenti Onu dando resoconti parziali o nascondendo i progressi nell'arricchimento dell'uranio.
L'apertura di Biden sembra un passo verso la distensione, proprio mentre in Israele crescono le voci per un attacco contro l'Iran. Il nuovo premier designato Benjamin Netanyahu ha fatto della sicurezza di Israele e della distruzione del programma nucleare iraniano uno dei punti principali della sua agenda e ha spesso irriso la diplomazia americana per il suo voler dare tempo ai dialoghi prima dell'opzione militare.
Giorni fa, Hillary Clinton, nella sua ultima intervista come segretario di Stato Usa, ha lanciato pesanti minacce contro l'Iran, ricordando che ad un certo punto "la finestra del dialogo va chiusa".
All'incontro di Monaco, il ministro israeliano della difesa, Ehud Barak, ha ribadito che "nessuna opzione [nemmeno quella militare - ndr] va tolta dal tavolo", E ha criticato in modo velato gli Stati Uniti che "dicono" qualcosa sull'opzione militare, ma poi non la "considerano".
Allo stesso modo, il principe saudita Turki al-Faisal, già capo dell'intelligence, ha criticato l'Iran che "interferisce" negli affari arabi. Da tempo Riyadh cerca di frenare l'influenza iraniana (sciita) nell'islam mondiale e nella Penisola arabica. Al-Faisal ha anche criticato gli Usa che agiscono come "pussy cat" nel cercare di risolvere i problemi della regione. L'accenno è all'approccio morbido nei confronti dell'Iran, ma anche al non totale appoggio all'opposizione siriana contro Bashar el-Assad. Quello di eliminare Assad è il primo passo per isolare l'Iran e poi colpirlo. Per questo Riyadh - insieme a Doha - sta finanziando con armi e denaro l'opposizione armata in Siria e in Turchia.
L'attacco israeliano del 30 gennaio scorso al centro militare di ricerca a Jamraya, vicino a Damasco rappresenta un ulteriore passo verso l'opzione militare contro Teheran.
All'incontro di Monaco, Salehi ha annunciato che l'Iran riprenderà gli incontri di dialogo sul nucleare con i P5+1 (Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, Germania), che si terranno il 25 febbraio in Kazakistan. Tali incontri si sono interrotti lo scorso giugno a Mosca.
In passato l'Iran ha sempre rivendicato la libertà di procedere con un programma nucleare, come le grandi potenze. A meno di non voler azzerare tutti gli arsenali nucleari nella Penisola arabica, compreso quello israeliano. Israele non ha mai affermato, né negato di avere ordigni nucleari, ma è risaputo che esso possiede da decenni testate nucleari.