02/06/2011, 00.00
GIAPPONE
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Il parlamento giapponese respinge la sfiducia al Primo ministro Naoto Kan

La proposta di sfiducia è stata respinta con 293 voti contro 152. Naoto Kan ha promesso che si dimetterà dopo “aver adempiuto ad alcuni compiti”, e cioè la gestione del disastro causato dallo tsunami dell’11 marzo. Non ha fissato una data precisa, ma la scadenza potrebbe essere settembre.

Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – Il Primo ministro giapponese, Naoto Kan, non è stato sfiduciato dalla Camera bassa del Parlamento nipponico. I voti a favore della sfiducia sono stati 152, quelli contrari 293. Alla vigilia del voto Kan ha annunciato che si dimetterà dopo aver riportato sotto controllo la crisi nucleare in corso nel Paese, così come gli altri gravi problemi nati sulla scia del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo. La sua promessa di abbandonare il ruolo in un futuro non lontano ha evidentemente influito sull’esito della votazione, che gli esperti prevedevano gli sarebbe stata sfavorevole.

Naoto Kan non ha stabilito una data precisa per il suo ritiro. “Vorrei che la generazione più giovane si assumesse responsabilità diverse, una volta che io avrò adempiuto ad alcuni compiti a cui devo far fronte, in particolare alla gestione del disastro” ha detto Kan a una riunione di parlamentari del Partito democratico, che è al governo.

Alcuni elementi del suo partito hanno insistito affinché il Premier desse immediatamente le dimissioni. Ma il predecessore di Kan, Yukio Hatoyama, ha preso posizione a suo favore, dicendo ai parlamentari che era d’accordo con la decisione di Kan di dimettersi dopo che si fosse chiarita la prospettiva di una variazione al bilancio, studiata per finanziare la ricostruzione dopo lo tsunami. Questo dovrebbe accadere fra agosto e settembre. Prima della promessa di dimissioni di Kan, Hatoyama aveva annunciato che avrebbe votato a favore della sfiducia. Hatoyama è a capo di una corrente molto importante e potente nel partito al governo. Non è improbabile che Naoto Kan usi questo periodo di tregua concesso dal voto di oggi per cercare un accordo con l’opposizione che gli garantisca una nuova prospettiva politica.

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