25/06/2010, 00.00
IRAQ – UE
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Il dramma degli iracheni in Europa: da rifugiati a deportati

di Layla Yousif Rahema
Da mesi i governi di Gran Bretagna, Olanda, Svezia e Norvegia continuano a compiere rimpatri forzati di cittadini iracheni richiedenti asilo, nonostante le preoccupazioni dell’Onu. Ricorrendo ai rimpatri i governi europei tentano di scoraggiare gli iracheni a scegliere l’Europa come approdo.

Baghdad (AsiaNews) – Un tempo “paradisi” dove fuggire dalle violenze di un Paese martoriato, oggi Gran Bretagna, Olanda, Svezia e Norvegia per i profughi iracheni si sono trasformate in luoghi a rischio “deportazione”. Da almeno 10 mesi i media locali denunciano la politica dei governi nordeuropei di attuare rimpatri forzati di cittadini iracheni richiedenti asilo, nonostante l’appello alla cautela e le preoccupazioni espresse dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

L’ultimo volo di rimpatrio è stato il Londra-Baghdad dello scorso 21 giugno, con a bordo 40 iracheni, stando a stime non ufficiali. Il terzo dalla Gran Bretagna, in una settimana. La Bbc denuncia che il governo ha organizzato il trasferimento in segreto e non ha permesso ai giornalisti di avvicinarsi ai profughi. Secondo le autorità britanniche, i luoghi di provenienza dei rifugiati possono dirsi ormai fuori pericolo, ma l’Unhcr ha subito ricordato che i richiedenti asilo iracheni, provenienti dalle province di Baghdad, Diyala, Ninive, Salahuddin e Kirkuk, hanno il diritto di continuare a beneficiare della protezione internazionale come rifugiati in base alla Convenzione del 1951 o di altre tipologie di protezione a seconda dei singoli casi. Questo perché si tratta di zone dove la situazione della sicurezza resta precaria mentre continuano le violazioni dei diritti umani, situazioni che vanno considerate come ragioni valide per la concessione di protezione internazionale.

Un calvario senza fine

I “deportati” arrivano all’aeroporto di Baghdad, vengono esaminati dalle autorità irachene e poi trattenuti dalla polizia per verificare i documenti prima di essere rimandati a casa. Succede spesso, però, che il tempo di custodia duri anche una settimana intera: famiglie con donne e bambini fermi per giorni in stazioni di polizia con la prospettiva di uscire in strada ed essere di nuovo alla mercé di terrorismo e criminalità. L’anno scorso, un volo di rimpatriati arrivato nella capitale irachena è stato rispedito indietro dalle autorità locali, perché nessuno dei passeggeri era in regola con i documenti.

La Bbc aggiunge che Londra lavora senza il coinvolgimento dell’Unhcr e che sull’identità dei rimpatriati non si sa nulla: potrebbero essere cittadini che non sono risultati idonei alla richiesta di asilo o addirittura persone dalla fedina penale sporca. Alla richiesta di spiegazioni, per ora, l’Agenzia britannica per le frontiere non ha confermato né smentito che i rimpatri stiano andando avanti.

Non solo la Gran Bretagna

Ma non è solo Londra a ricorrere ai rimpatri forzati. Svezia, Olanda, Norvegia e Francia si aggiungono alla triste lista. A ottobre 2009, un’inchiesta della Radio svedese ha denunciato la deportazione di iracheni richiedenti asilo, soprattutto tra quelli appartenenti a minoranza religiose e notoriamente più esposti a persecuzione. Secondo i reportage della Radio svedese, i criteri dell’Ufficio immigrazione per determinare se un profugo è o meno in pericolo nel suo Paese d’origine, sono del tutto arbitrari. Un uomo - tutti parlano in forma anonima per motivi di sicurezza - racconta di essere scampato a un attentato alla sua vita, perché vendeva alcolici a Baghdad, ma le autorità hanno respinto la sua richiesta di asilo perché “essendo sopravvissuto, ormai è al sicuro in Iraq”. Le testimonianze raccolte dalla Radio svedese denunciano anche intimidazioni da parte della polizia svedese nei confronti di chi non vuole “volontariamente” rimpatriare.

L’anno scorso, fa notare Amnesty International, la maggior parte delle nuove domande dei richiedenti asilo iracheni sono state respinte dopo che il Consiglio svedese per l'immigrazione e la Corte d'appello per l’immigrazione hanno deciso che “in Iraq non vi è un conflitto armato interno”. In passato, invece, quasi tutti i richiedenti asilo iracheni avevano ottenuto qualche forma di protezione.

Secondo l’Unhcr, l’Europa riceve il 75% dei richiedenti asilo del mondo. Un numero crescente di questi immigrati è rappresentato da iracheni e afghani. Nel 2009, a livello mondiale, sono stati circa 14mila gli iracheni richiedenti asilo. Il numero maggiore per un singolo Paese. Ricorrendo ai rimpatri i governi europei tentano di scoraggiare gli iracheni a scegliere l’Europa come approdo.

Secondo la legge europea, i rifugiati devono trovare sistemazione nel primo Paese Ue in cui arrivano. Per migliaia di iracheni e afghani si tratta della Grecia, dove però il governo concede asilo solo all’1% dei richiedenti. Il problema è che ci sono criteri molto diversi da Paese a Paese per essere riconosciuto come “rifugiato”.  La Commissione europea ha proposto di cambiare la legge per permettere a ogni paese dell’Unione di assorbire rifugiati e non gravare su quelli di frontiera. Ma la proposta si è scontrata con la situazione di forte crisi economica, il calo dell’occupazione che hanno reso l’immigrazione un tema politico molto sensibile.

Anche se non ci sono conferme sul numero dei profughi coinvolti da questi provvedimenti, sul loro profilo e sulle loro eventuali richieste di protezione internazionale, la preoccupazione all’Onu è alta. Il timore è che i rimpatri forzati dall'Europa possano trasformarsi in precedenti per altri Paesi che ospitano un numero ben più alto di rifugiati iracheni e con enormi difficoltà: ad esempio, Siria e Giordania.

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