Il Maha Kumbh Mela, uno spettacolo di estremismo e violenza
Mumbai (AsiaNews/Agenzie) - Il Maha Kumbh Mela è un'esposizione di "violenza ed estremismo", più che un momento sacro per milioni di persone: così Lenin Raghuvanshi, attivista laico e direttore del People's Vigilance Committee on Human Rights (Pvchr) di Varanasi, definisce il più grande festival della religione indù. Un'occasione di incontro, spiega, "per le bande armate di naga sadhu, responsabili dell'uccisione di tanti buddisti in India", in cui "riaffermare la disuguaglianza proclamata dal sistema delle caste" e favorire il traffico di droga. Proprio oggi, la polizia di Allahabad ha sequestrato una jeep con a bordo 124kg di ganja, destinata per il Kumbh Mela.
"I naga sadhu - spiega ad AsiaNews l'attivista - vivono nei cosiddetti Chowni, dei campi militari. I loro simboli sono lance, bastoni, spade e tridenti. Il Kumbh Mela è un evento religioso, ma questi sadhu [asceti, ndr] professano un induismo ispirato alla violenza". Il festival prevede l'immersione nel Sangam, punto in cui confluiscono i fiumi sacri del Gange, dello Yamuna e del Saraswati. Secondo la tradizione, bagnarsi in queste acque laverà via i peccati e aiuterà i fedeli a raggiungere la salvezza.
Il Maha Kumbh Mela è considerato il più grande raduno dell'umanità sulla Terra: quest'anno, esso promette di attirare più di 100 milioni di persone. Proprio per la grande quantità di fedeli che vi partecipano, secondo Raghuvanshi "accogliere i naga sadhu" significa "valorizzare estremismo e violenza. Questi asceti sfilano in processione con spade, asce, fruste, tridenti e mazze ferrate. Camminano nudi, vestiti di sole ghirlande, intonando slogan in onore del dio Shiva (Har Har Mahadev) e brandendo le loro armi mentre si immergono nel fiume". Per l'attivista, è quindi "urgente e necessario" che "questa militarizzazione della religione, la sodomia e le droghe siano banditi da un contesto del genere".
Piuttosto, aggiunge, "si dovrebbe parlare contro il sistema delle caste". Tra i partecipanti al Maha Kumbh Mela vi sono infatti migliaia di Musahar, tribù originaria del Bihar e delle zone orientali dell'Uttar Pradesh, relegata all'ultimo gradino della scala sociale. Essi vivono in condizioni di estrema povertà, e spesso per sopravvivere si nutrono di ratti, che uccidono per proteggere i raccolti.
"Come loro - spiega Raghuvanshi - decine di migliaia di tribali e dalit partecipano al Kumbh Mela. Nelle loro orazioni, i leader indù devono schierarsi contro il sistema delle caste e a sostegno dei poveri. Se non si afferma la dignità e l'uguaglianza di questi gruppi, questo diventerà il luogo in cui si conferma la loro subordinazione e oppressione, anche nel 21mo secolo". "Religione e spiritualità - ribadisce - devono essere una forza di cambiamento e sviluppo della società e della nazione, e accrescere la dignità di ogni essere umano. Il Kumbh Mela dovrebbe affrontare queste questioni", e non dare spazio "a tutte quelle forme di abusi e violenze, sostenute dall'ideologia hindutva".