10/03/2011, 00.00
TIBET - CINA
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Il Dalai Lama rinuncia al suo ruolo politico

Rimarrà nel suo ruolo spirituale. Il leader politico del governo tibetano sarà eletto democraticamente. I leader cinesi devono avere più trasparenza e per questo c’è bisogno di libertà di stampa e di espressione.
Dharamsala (AsiaNews/Agenzie) – Il Dalai Lama ha annunciato oggi che nei prossimi giorni si dimetterà dalla sua carica politica di capo del governo tibetano in esilio. La decisione era nell’aria da tempo, ma in questi giorni egli proporrà emendamenti perché i tibetani siano governati da un leader “eletto liberamente”. Non è sicuro però che il governo – che si raduna il prossimo 14 marzo – accetterà la decisione dell’Oceano di saggezza.
 
Da tempo il Dalai Lama vuole ritirarsi dalla politica e rivestire un ruolo unicamente spirituale come capo del buddismo tibetano. Egli spera anche di poter ritornare in Cina, da dove è fuggito nel 1959, dopo che una rivolta contro l’occupante cinese è stata repressa nel sangue. Pechino ha spesso accusato il Dalai Lama di essere solo un astuto politico che cerca di dividere il Paese usando anche il terrorismo per conquistare l’indipendenza del Tibet. In realtà il Dalai Lama è giunto ormai a proporre solo una “autonomia culturale” del Tibet, per salvare cultura e religione dal “genocidio”.
La decisione del Dalai Lama arriva proprio mentre i tibetani si preparano a eleggere il nuovo primo ministro attraverso elezioni: un fatto sconosciuto in Cina.
 
Nel suo discorso di oggi in occasione dell’anniversario della rivolta del 1959, egli ha elogiato la Cina come “potenza mondiale emergente” e dall’enorme “sviluppo economico”. Essa – ha detto “ ha un alto potenziale per contribuire al progresso umano e alla pace mondiale. Ma per fare questo la Cina deve guadagnarsi il rispetto e la fiducia della comunità internazionale. Per avere tale rispetto, i leader cinesi devono maturare una maggiore trasparenza, i loro atti devono corrispondere alle loro parole. Perché ciò avvenga, sono necessari la libertà di espressione e la libertà di stampa”.
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