08/02/2007, 00.00
INDIA
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Il Bengala caccerà oltre 100mila contadini per far posto alle industrie

Il governo comunista di Calcutta vuole creare zone commerciali privilegiate per attirare investimenti esteri. Ma decide di eliminare 38 villaggi senza consultare gli abitanti. La popolazione insorge e assalta la sede del Partito: ci sono scontri di piazza e ieri è morto un poliziotto.

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Barricate nelle strade e scontri tra agricoltori e funzionari del Partito comunista con 6 morti e oltre 50 feriti. Esplode violenta la protesta contro lo spostamento di oltre 100mila contadini deciso dal governo comunista del Bengala occidentale per creare una zona industriale, a circa 80 km. da Kolkata. Ieri ci sono stati scontri con la polizia: un poliziotto è morto e altri tre sono stati feriti.

Il governo vuole creare una Zona economica speciale con esenzioni dalle tasse per gli investitori esteri e un complesso chimico, su 19mila acri del Nandigram. Ma occorre eliminare 38 villaggi e spostare oltre 100mila agricoltori della zona tra i fiumi Haldi e Hooghly. L’area è fertile e coltivata da generazioni e il governo ha avviato il progetto senza consultare i contadini, che hanno risposto con manifestazioni pubbliche e barricate.

La gran parte di loro sono elettori del Partito comunista al governo da 30 anni. Shikh Hafrul Islam, contadino di 28 anni, ricorda che “loro hanno sempre detto ‘siamo dalla parte del contadino, proteggeremo la vostra terra’, ma ora ci rubano la terra e il cibo. Ma non glielo lasceremo fare”. Nelle strade ci sono barricate di tronchi, massi, mattoni. La sede del Partito è stata assaltata e distrutta. La polizia non osa entrare nella zona. Ma il governo non fa marcia indietro.

Buddhadeb Bhattacharjee, primo ministro locale e membro del Politburo del Partito comunista indiano, ammette che non consultare prima i contadini “è stato un errore”. Ma, più della protesta popolare, appare temere il giudizio negativo dei finanziatori, sempre più preoccupati. Ieri ha detto che “i finanziatori di tutto il mondo ci guardano” e ha concluso che non intende cedere alla violenza, anche perché “dobbiamo industrializzarci, se vogliamo crescere”.

Ma nemmeno i contadini sembrano intenzionati a cedere.

Anche il governo federale progetta la realizzazione di centinaia di Zone economiche esenti da tributi, per attirare investimenti esteri e colmare la distanza con le manifatture cinesi. Ma queste proteste hanno suscitato un dibattito nazionale se sia giusto creare queste zone nella terra agricola, in un Paese dove i due terzi della popolazione sono contadini. Ashis Chakrabarti, esperto politico, commenta che “la sinistra ha sempre insegnato al popolo a guardare con sospetto agli imprenditori. Ora sono vittime della loro stessa politica passata”.

Nel Bengala occidentale gli agricoltori sono sempre stati il principale sostegno elettorale del Partito comunista. Ora il governo locale ritiene “vitale” lo sviluppo industriale, ma vuole agire d’autorità senza nemmeno consultare i proprietari delle terre. Le proteste sono iniziate quando il governo ha occupato mille acri di terreno subito fuori la capitale Kolkata per costruire una fabbrica di automobili della Tata Motors. Intanto le marce di protesta raccolgono decine di migliaia di persone e sono seguite in tutta la Nazione. (PB)

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